El Tuma insegue, recupera, riparte. Con la grinta di sempre. Serve la palla al centrocampo, e da lì via all’attacco col numero 10. E fa niente se, sopra quel numero, c’è scritto Baggio, Totti, oppure non c’è scritto niente, come nelle squadre di provincia del campionato di Eccellenza. Il calcio è bello comunque, “al di là di ogni categoria”. Garantisce Gilberto Martinez: costaricense, 39 anni, difensore dell’Acri.
Sono trascorse sedici stagioni da quando, in seguito ad un ottimo Mondiale disputato con la sua Costa Rica, il Tuma (“il martello”, come lo chiamavano dalle sue parti) sbarcò in Europa per vestire la maglia del Brescia. Dal Sud America all’Italia: prima Brescia, poi Roma e Sampdoria e di nuovo Brescia. Di strada, il Tuma, ne ha fatta tanta. Fino ad arrivare in Calabria, ad Acri, dove la squadra della città disputa il campionato di Eccellenza, confinata al momento all’ultimo posto in classifica. Una casa in affitto a Cosenza e una sfida con sé stesso: aiutare l’Acri a risollevarsi e ad evitare la retrocessione.
“Il calcio è sempre calcio, in Serie A come in Eccellenza, e mi diverte ancora - spiega il Tuma ai microfoni di gianlucadimarzio.com -. Per questo motivo, fino a quando ne avrò voglia, continuerò a giocare”.
Eppure, a guardarsi intorno, di amici e colleghi che hanno appeso gli scarpini al chiodo Martinez ne ha davvero parecchi. Molti hanno intrapreso una nuova strada, alcuni sono riusciti a sfondare. Igli Tare, Pep Guardiola: suoi compagni nel Brescia, oggi fuoriclasse nei nuovi ruoli di ds e allenatore. Per il Tuma, quel momento è ancora lontano: “Vivo al presente, non mi importa progettare e pensare a cosa farò in futuro. Adesso ho voglia di giocare a pallone e mi diverto a scendere in campo: finché Dio mi darà la voglia di continuare a farlo, io non mi tiro indietro”. Al cuor non si comanda.
Nel campionato di Eccellenza, l’effetto-Martinez si sente eccome. Da quando è arrivato ad Acri, le sorti della squadra non sembrano più così cupe. Per le prime tre giornate di campionato, infatti, il club rossonero - orfano della vecchia società e sostenuto dall’azionariato popolare promosso da Leonardo Molinari - è sceso in campo con la formazione Juniores, poi arricchita un passo alla volta da calciatori più esperti per puntare alla salvezza. Con Martínez in campo, nelle ultime quattro partite l’Acri ha ottenuto quattro pareggi. Pochi gol segnati, magari, ma in difesa il messaggio è chiaro: da lì non si passa. Così com’era al Brescia, così com’è stato alla Sampdoria e, in Serie C, ai tempi del Lecce: el Tuma è un esperto del mestiere.
Dalla sua carriera, probabilmente, Martinez avrebbe meritato di più. La sfortunata esperienza con la Roma - zero presenze nel 2006-2007 a causa del l’infortunio rimediato durante i Mondiali in Germania - gli ha precluso la possibilità di misurarsi ad altissimi livelli, quelli che, già qualche anno primo, Martinez aveva avuto modo di sfiorare, almeno con il pensiero. “Nel 2004 venni a sapere che ero nel mirino del Real Madrid, anche se alla fine non se ne fece più niente. Gianluca Nani, all’epoca ds del Brescia, mi spiegò che Sacchi, che era direttore tecnico dei blancos, mi aveva inserito nella lista di terzini destri che stavano monitorando. E se alla fine non se n’è fatto niente, credo sia stato anche per via della mia nazionalità: la grande tradizione di argentini o brasiliani, che da sempre si distinguono come ottimi calciatori, spinse i blancos a fare scelte diverse, probabilmente più sicure”.
Il rammarico, però, non sembra fare al caso suo: la vita va avanti, la carriera pure. “Fai un lavoro che ti piace e non dovrai lavorare un solo giorno della tua vita”, professava Confucio circa tremila anni fa. Per Martinez, funziona così. Una tazza di latte e caffè prima di scendere in campo, la voglia di correre dietro a un pallone come carburante per affrontare ogni nuovo giorno. Avrebbe potuto farlo al Bernabeu, oggi lo fa al Castrovillari di Acri. “Il calcio è sempre calcio”, e Gilberto Martinez ne è follemente innamorato.