Game, Set and Match. La Germania piglia tutto, quasi fosse una cosa normale. Spazzata via la super Spagna all’Europeo U21, fatte cadere gara dopo gara le avversarie della Confederations Cup: bottino pieno. Semplicità e concretezza, due degli ingredienti di campo che hanno permesso al movimento tedesco di far festa nella fresca estate est europea: in Polonia come in Russia, un marchio dai connotati simili, fatto di gioco ma soprattutto di idee, inculcate trasversalmente. A vincere due nazionali diverse, per età e prospettive, accomunate però da un’insolita caratteristica: l’incompletezza. Ebbene sì: sia da una parte che dall’altra a scendere in campo non sono state le rose migliori a disposizione dei rispettivi CT. Ben nove dei giocatori di Joachim Löw - che si conferma un maestro nel suo ruolo - avrebbero infatti potuto partecipare all’Europeo U21, mentre le punte di diamante (fatta eccezione per Draxler, Rüdiger e Kimmich) della Germania “dei grandi” erano tutte o quasi a godersi le vacanze estive.
Due trionfi, dunque, che a questo non punto non sono da considerarsi solo frutto della grande qualità delle nuove leve del calcio tedesco, ma anche, come testimoniato dalla buona riuscita del massiccio turnover, di un progetto chiaro e ambizioso. È quello iniziato nei primi anni 2000, che da ormai qualche stagione permette alla Germania di essere competitiva fuori da ogni logica legata alla casualità. La vittoria della Confederations Cup è, in questo senso, un stata esempio lampante: cambiando l’ordine dei giocatori, il risultato può anche non cambiare (regola matematica applicata a un calcio che, alla matematica, riserva solo un piccolo spazio). Il successo del movimento tedesco sta tutto qui, nel ribaltare le logiche. Il segreto - se segreto si può chiamare - risiede in gran parte in una programmazione nel lungo periodo che ha permesso una ricostruzione dal basso, paziente e coerente, che oggi, a distanza di 15 anni dalla nascita del progetto, si materializza nei 366 centri di preparazione federale in cui i giovani talenti vengono cresciuti e continuamente monitorati. E, soprattutto, si materializza negli ottimi risultati conseguiti dalle nazionali: non è mai un caso.