In mattinata le prove tecniche in vista della Roma, sotto gli occhi attenti del presidente Enrico Preziosi, questo pomeriggio, invece, per Cesare Prandelli è stato tempo di un appuntamento speciale: l’allenatore rossoblu, infatti, assieme al vice presidente del club Giovanni Blondet e ad Antonio Bettanini (membro del Consiglio di Reggenza della Fondazione Genoa), guidato da Barbara Grosso (nuovo assessore alle politiche culturali di Genova), ha passato un’ora e mezza nel cuore di Genova. Da Palazzo Tursi al complesso dei Rolli (i palazzi storici dell’’aristocrazia genovese dal 2006 Patrimonio dell’Umanità UNESCO, che Genova dal 3 al 5 maggio 2019 celebra con i ‘Rolly Days’), passando per Palazzo Rosso, Palazzo Lomellina, Palazzo Bianco e la Sala degli Specchi.
Novanta minuti, senza intervallo: “Un giro interessante, e questo perché non si può vivere senza memoria e senza conoscere la propria storia. - le prime parole di Prandelli al termine del giro per Genova - In questo giro ci sono molti particolari che assomigliano alla nostra vita quotidiana: se vogliamo rapportarlo ad una squadra di calcio, ai tanti giocatori che arrivano dall’estero devi far conoscere la tua storia, la tua cultura, il tuo modo di vivere ed essere. La tua appartenenza, e in questo giro si scopre la propria appartenenza”. Quel senso di appartenenza che spesso si cerca nei giocatori che indossano una maglia, da onorare e rappresentare nel corso della stagione.
“Se può essere un’idea quella di prendere i nuovi arrivati a inizio campionato e fargli scoprire Genova? In realtà avrei anche tante altre idee: l’importante è che arrivino giocatori buoni e interessanti da un punto di vista sportivo, poi culturalmente qualcosa si può fare”. Nonostante il luogo comune che vuole calciatori e cultura non così affini. “Non è così, – conclude Prandelli – negli anni passati a Firenze i miei calciatori erano partecipi e collaboravano a questo tipo di iniziative: devi capire in che contesto vivi, devi capire la mentalità delle persone che ti ospitano. Noi siamo ospiti di questa città e dobbiamo quindi avere rispetto per il posto dove viviamo“.