La rottura del crociato anteriore lo ha messo fuori gioco dallo scorso, ma Perin ha "il fuoco dentro". Da poche settimane il portiere del Genoa ha ripreso ad allenarsi a Pegli e vede la fine del calvario vicino e nell'attesa si è raccontato nel corso di un'intervista concessa a La Gazzetta dello Sport.
"Noi portieri siamo diversi" - attacca Perin - "Facciamo una cosa che va contro l’istinto umano: buttarsi a terra. Ogni giorno lo facciamo circa duecento volte in allenamento. E poi prendiamo pallonate, calci in faccia e non abbiamo paura. Siamo i più coraggiosi, e con un’agilità mentale superiore alla media. Ci fanno credere che non siamo più capaci di fare niente, che per qualsiasi malessere abbiamo bisogno di una medicina. Io ho provato a prendere meno antidolorifici possibili e mi sono abituato a resistere. E’ stata una sfida con me stesso e l’ho vinta, ma si può fare molto di più".
Periodo di riflessioni per Mattia: "Ho capito le persone che stanno con Mattia e non con Perin. Dopo 2-3 anni di grandi soddisfazioni sportive, è inevitabile che ti trovi circondato da tante persone. Ora però so chi realmente tiene a me: Nelle Under ho conosciuti tanti che hanno sprecato le loro doti, ma cito Diego Polenta, che da noi ha giocato soprattutto in B nel Bari. In Primavera giocava da solo; lo voleva anche il Barcellona. Avrei messo la mano sul fuoco che avrebbe sfondato, ma gli sono mancate quelle diecimila ore. In fondo, anche avere voglia di migliorarsi ogni giorno è una dote. Il principe di questa categoria è Gattuso. Aveva un talento mentale e caratteriale da fare invidia a qualsiasi sportivo nel mondo. Una competitività incredibile. Per capire la resilienza bisogna studiare lui".
I privilegi di un calciatore: "La mia famiglia non è stata ricca, anzi. So cosa si prova a possedere quasi nulla. Se un giorno dovessi perdere tutto non avrei paura, perché so di essere stato tanto felice lo stesso anche senza soldi. Certo, talvolta cado in tentazione. Le mie debolezze sono vini ed orologi di marca. Una volta ero così: mangiavo guardando il cellulare e alla fine non sapevo nemmeno cosa avevo nel piatto. Ora non lo faccio più. Mangio una mela? Faccio solo quello e me la gusto. Non voglio fare la morale a nessuno. Io senza cellulare sto male, ma so che l’uso eccessivo è sbagliato, così come l’ostentare la ricchezza. Perché far vedere su Instagram che hai la Ferrari o l’orologio da cinquantamila euro? Nel mondo d’oggi in cui conta l’immagine, però, ormai è una battaglia persa".
I messaggi ai più giovani: "Non sono un santo, ho fatto tante cavolate, però poi si deve crescere. Anche in questo il telefonino non aiuta. Ci stiamo troppo. Nello spogliatoio è disgregante. Finisce l’allenamento, la prima cosa che facciamo è accenderlo, vedere i messaggi e andare sui social. E’ sbagliato perché si crea poca comunicazione. Al Genoa abbiamo la regola di non usare il cellulare a tavola e molti nuovi, soprattutto gli stranieri, all’inizio ci rimangono male perché non sono abituati. Donne? Tante ragazze vanno col calciatore, non con l’uomo. Se avessi fatto il bancario non avrei avuto tanti rapporti. E’ la fama che ti rende attraente, certe volte ci facciamo intortare e poi la paghiamo".
Su Donnarumma: "Lui è un fenomeno. Prima dell’infortunio avevo fatto un paio di stagioni alla grande, è normale che dopo un anno e mezzo in cui avrò giocato venti partite si parli meno di me. Questo è il calcio. Quando tornerò non sarò quello di prima: sarò diverso. Non so se più forte o meno forte, ma sarò un’altra persona. Fisicamente come prima, ma diverso per fame, rabbia o obiettivi. Ho il fuoco dentro. Futuro all'Inter? Quando ero bambino, oltre al Latina, tifavo Ronaldo il Fenomeno. Comunque dell’Inter si parla ogni anno e ormai sono un veterano. Devo tutto al Genoa, è la mia seconda famiglia. Da professionisti non si sa quello che ci dirà il futuro. Bisognerà vedere gli obiettivi comuni".