Anche se ormai ci siamo abituati a vederlo nell’élite del calcio europeo, i grandi risultati del Galles continuano ad essere una piccola anomalia calcistica. È bene ricordare, infatti, che agli ottavi di EURO 2020 questa squadra rappresenterà una regione del Regno Unito di soli tre milioni di abitanti.
Ed è proprio per l’appartenenza agli UK che la nazionale dei dragoni ha un numero elevato di giocatori non nati nel Galles, ma comunque di discendenza gallese. Tanto che il CT, Robert Page, potrebbe anche decidere di schierare un undici titolare composto di soli giocatori nati fuori dai confini nazionali. Contro l’Italia, ad esempio, erano in campo cinque di questi – Ampadu, James, Morrell, Brooks, Moore.
Il Galles a lezione di inno
Per quanto questi siano gallesi a tutti gli effetti, arrivare a sentire l’appartenenza e, di conseguenza, la maglia non è così semplice. Ad esempio, c’è lo scoglio della lingua, ben diversa dall’inglese. Per questo, Page ha racontato di aver organizzato un particolare corso accelerato in ritiro: “Abbiamo chiesto Ian Gwyn Hughes (il capo delle Relazioni Pubbliche della Federcalcio gallese, ndr) di fare un discorso sull’inno”, ha detto il CT a The Guardian.
“Abbiamo tradotto l’inno in inglese, gli abbiamo spiegato il significato, che è molto potente. Abbiamo fatto tutto nella prima riunione prima dell’inizio del torneo. È stato un momento molto emotivo, ma ha fatto capire ai giocatori l’importanza del giocare per il Galles”, ha continuato.
Come si sta ripetendo tanto per l’Italia in questi giorni, le sorti di una nazionale dipendono tanto dalla coesione del gruppo. E, perché no, anche dal sapere cosa si rappresenta. Magari non sarà tutto grazie alle lezioni di inno, ma anche quella riunione ha fatto tanto nel costruire un Galles da ottavi di finale.