Talentuoso, estroso, geniale. In una parola: predestinato. Sì, ammirare le giocate di Gabriel Jesus in campo è puro godimento per gli occhi, una sensazione di appagamento che pian piano prende forma. Dribbling, scatti, assist, gol e capocannoniere del Brasileirão con 10 gol a 19 anni col suo Palmeiras capolista: giocatore per palati fini, finissimi. Come quelli di Real, Barça, Bayern, Juve ed Inter, d’altronde: in Europa se lo contendono un po’ tutti ma lui preferisce non forzare troppo i tempi. Eh sì, in Brasile nessuno dimentica il caso Pato: meglio dare tempo al tempo. Umile, Gabriel Jesus. Arrivato da così lontano, da una famiglia di umili origini come nelle più classiche storie targate futebol brasileiro, quando tutto ebbe inizio in quel campo in terra battuta nella zona nord di Sao Paulo.
La società in questione è il Meio Ambiente, dove il ragazzo diede i primi calci al pallone ed incontrò una figura che si rivelò poi fondamentale nella sua vita, Francisco Mamede, che prima di essere il suo primo allenatore fu un vero e proprio educatore. La società era interamente formata da volontari il cui scopo era sempre stato letteralmente quello di levare i bambini brasiliani dalla strada, regalando loro le divise da gioco ed insegnando come muoversi sul campo, per festeggiare poi tutti uniti con uno spuntino a base di panini con prosciutto o mortadella ogni sabato, dopo la partita. Mamede era quasi maniacale nell’educazione e nella supervisione dei propri ragazzi, tanto da arrivare talvolta a redarguire genitori scovati a fumare nei pressi del campo.
E che ricordi di Gabriel Jesus, arrivato al Meio Ambiente ad 8 anni col soprannome di ‘Tetinha’. Un talento così? Impossibile da dimenticare. Il bambino si presentava ogni volta al campo in pantofole insieme all’inseparabile amico Fabinho perchè i due, a quei tempi, non potevano permettersi un paio di scarpini da calcio e così toccava sempre al solito Mamede rovistare nel ripostiglio dei vecchi scarpini per donarne un paio ai ragazzi. Attento e severo, Mamede, soprattutto riguardo alla scuola dove Gabriel Jesus non risultava avere lo stesso rendimento mostrato col pallone tra i piedi: addirittura, successe che non venne schierato dall’allenatore quando un giorno si presentò al campo dopo aver ricevuto una nota di demerito. Prima il dovere, poi il piacere: la regola valeva e vale per tutti.
Poi, a 14 anni, ecco il grande salto: bussò alla porta il Palmeiras, a cui fu impossibile dire di no. Eppure gli insegnamenti di Mamede non vennero mai dimenticati da Gabriel Jesus anzi, ancora oggi, anche in seguito al successo ottenuto, lo stesso ex allenatore assicura che il ragazzo non è mai cambiato, rimanendo genuino ed umile come un tempo: “A dicembre ci fece una sorpresa e si presentò alla festa di fine anno della nostra squadra – ha raccontato Mamede - fu emozionante, i bambini avevano occhi solo per lui e ci regalò la sua maglietta autografata. È gratificante sapere che non dimenticherà mai le sue origini: ogni volta che penso da dove è partito e dove è arrivato mi commuovo”. Il piccolo ‘Tetinha’ è cresciuto, è diventato grande. Tutti ora lo chiamano ‘Borel’ per la somiglianza con un cantante funk brasiliano, oppure ‘Fenomeno’, alludendo al paragone con un mostro sacro come Ronaldo, anche se c’è chi semplicemente lo chiama quotidianamente ‘Bebê’, ovvero ‘bambino’, soprannome che tuttavia Gabriel Jesus proprio non riesce a farsi andare a genio: “Smettila mamma di chiamarmi così, ormai sono grande!”, intima lui, ma niente da fare.
Eh sì, avete capito bene, cuore di mamma… A chi non è mai capitato? Per dona Vera Lucia il talento del Palmerais che fa ingolosire mezza Europa rimarrà pur sempre un bambino, il suo. Anzi, quando i tifosi del ‘Verdão’, estasiati dalle giocate del classe ’97 intonano quel coro con chiaro riferimento divino “Gloria, gloria, Alleluia… è Gabriel Jesus!” Vera Lucia si infastidisce e li critica: “Chiedo perdono a Dio ogni notte per quel coro, non si scherza coi santi!”. Lei che ogni mattina, prima che il figlio parta per gli allenamenti, gli invia un messaggio in cui augura il meglio a lui ed alla sua squadra. Un po’ per routine, un po’ per scaramanzia. Vera Lucia insieme allo zio, Felipe, sono da sempre figure centrali nella vita del giocatore. Lui, dal canto suo, è talmente riconoscente e devoto alla famiglia da condividere con loro casa e spese, mantenendo la mamma e lo zio insieme ai fratelli Caíque ed Emanuele, senza dimenticare i nipoti Amanda e Rian.
Vera Lucia, ex governante, ha sempre dovuto ricoprire il ruolo di madre ma anche di padre in seguito alla morte del papà di Gabriel, quando ancora era bambino. Ed ora che vorrebbe ad ogni modo continuare a lavorare è proprio lui a non voler sentire storie: “Mamma hai lavorato così tanto nella tua vita, ora riposati che ci penso io a mantenere tutti quanti!”, ripete in continuazione. “Ho provato anche a lavorare di nascosto – replica la madre – ma è stato tutto inutile", (ride). Eh sì, la mamma è sempre la mamma… Tanto da avere un ruolo specifico nella scelta della futura squadra: chi vuole Gabriel è avvisato, prima dovrà parlare con Vera Lucia. E chissà chi riuscirà ad accaparrarselo. Di sicuro chi ce la farà ora sa che acquisterà un predestinato talentuoso, estroso e geniale, ma anche e soprattutto umile e genuino.
Alberto Trovamala