Lo scetticismo iniziale di una città abituata alle beffe. L’illusione transitoria della tranquillità col gol di Gori. Il pareggio di Kouamè a riportare le streghe allo Stirpe. Venti minuti di sofferenza finale, 24mila occhi semicoperti. Uno stadio intero a soffiare sui cross, tutti in piedi ad applaudire il fallo di Crivello a due minuti dalla fine in una situazione simile a quella del 18 maggio. Lì nessuno fermò la discesa del Foggia. Ieri il difensore palermitano si è immolato stendendo Chiaretti. Un giallo che vale oro e regala la finale.
Lo Stirpe urla, quasi incredulo, dopo sette minuti di recupero. Sarà doppia sfida col Palermo, mercoledì in Sicilia e sabato 16 in Ciociaria. I rosanero di Stellone come ultimo ostacolo per la serie A. Proprio lui, l’uomo che tre anni fa regalò il primo approdo in Paradiso ai ciociari, per una settimana sarà il baluardo contro la felicità.
Scherzi del destino. Il Frosinone arriva a giocarsi i 180 minuti decisivi della stagione dopo una partita giocata contro undici avversari e innumerevoli fantasmi. Perché più dei guizzi di Vido e Kouamè, tutto lo Stirpe temeva la terza beffa in un anno, dopo i gol di Letizia e Floriano. Il Cittadella non diventa sinonimo di maledizione come Carpi e Foggia. Nessuno spettro stavolta. I fantasmi che aleggiano sullo stadio vengono catturati da un Mirko Gori in versione Bill Murray: destro in scivolata, destro dal limite al 48’ in scivolata dopo un’invenzione di Soddimo. Anticamera dell’apoteosi. “Se c’è qualcosa di strano, nel tuo quartiere, chi chiamerai? I Ghostbusters”, diceva la sigla del film di Ivan Reitman. L’acchiappafantasmi dello Stirpe è il ragazzo che conosce meglio il territorio. L’unico ciociaro della squadra, nato a Tecchiena e cresciuto con una sola maglia addosso. Tatuato di giallazzurro da sempre. Nel 2012 vinse lo scudetto Berretti allenato, guarda un po’, da Roberto Stellone. Che tre anni dopo lo lanciò in serie A a 22 anni. Di quella stagione rimase soprattutto il suo urlo in faccia a Balotelli dopo il rigore parato da Leali a San Siro col Milan. L’ultimo sussulto di una stagione chiusa da un’amara retrocessione al Matusa.
Sono passati due anni, lo stadio è cambiato, la voglia di urlare è la stessa. La sua, come quella di Matteo Ciofani, che grida la sua voglia di rivincita sotto la Nord. Ha la testa bendata e il sangue agli occhi. È la rappresentazione plastica di un Frosinone che resiste e corre verso l’ultima settimana. 16 giugno, così simile al 16 maggio, data dell’ultima promozione. Resta un amico da battere e un manipolo di fantasmi da scacciare. I Ghostbuster in Ciociaria hanno la divisa giallazzurra. I colori che un’intera città metterà sui terrazzi. Il modo migliore per tenere lontani gli spettri.