Andrea Traverso è uno dei pensatori del tanto discusso Fair Play Finanziario che sta costringendo diverse squadre a investire sul mercato in maniera diversa e oculata. Però, come racconta a La Gazzetta dello Sport: "Negli ultimi due anni qualcosa è imprevedibilmente cambiato. Sono cresciuti i diritti tv in modo vertiginoso, soprattutto sono aumentate le sponsorizzazioni concentrandosi in mano a pochi. I primi 10 club al mondo, quelli “globali” (Real, Barça, Bayern, United, City, Chelsea, Arsenal, Liverpool, Psg e Juve, ndr), crescono a velocità maggiore. Quindi: più entrate, più successi, più aspettative, più spese, inflazione dei prezzi. Non c’è solo una variabile, però dobbiamo intervenire: lo ha fatto capire il presidente Ceferin. Raggiunto l’obiettivo della sostenibilità, ora c’è quello del la competizione nei tornei, del la riduzione della forbice per dare equilibrio. Cominceremo a parlare presto e dovremo trovare il consenso entro il 2018. Tutti si fanno incantare dalle cifre per Neymar, ma i ricavi di questi club sono aumentati e, si presume, abbiano fatto i conti giusti per spendere. È in pericolo la competitività. Una lega chiusa non è in agenda e neanche in discussione. Con Ceferin non è un tema. Il calcio, diversa mente dagli sport americani, ha un mercato mondiale e prospettive di crescita enormi. Negli Usa esistono tre principi di sostenibilità: norme sportive, finanziarie e redistribuzione dei ricavi. Possiamo adattarle al nostro sistema profondamente diverso. Salary cap, luxury tax, siano hard o soft, possono aggiungersi al fair play che resterà. Impossibile mutuare il first draft, la prima scelta per le piccole nel mercato. Ma ci sono altre misure: tetti alle rose e anche nei campionati, numero massimo di trasferimenti per mercato, limiti ai prestiti, spese per acquisti cui cor rispondano uguali entrate... La redistribuzione non è semplice perché negli Usa i diritti sono centralizzati, qui solo nella Champions. City e Psg hanno rispettato l’accordo: hanno ricavi enormi, possono agire, vedi il City. Le regole sono uguali per tutti. Se un club acquista, presumiamo abbia fatto i conti. In caso, sarà punito. Ma non possiamo impedire di comprare. Pagano le piccole? Casomai il contrario. Sono le grandi che hanno problemi: i club di Italia, Francia, Russia, Portogallo hanno raggiunto accordi per rientrare nei parame tri. Il City oggi genera 530 milioni circa, quindi può fare di più: ma non è questione di sceicchi, è che ci sono mercati che dieci anni fa hanno investito e mercati senza visione che ora sono in difficoltà. Le tv pagano alla Premier 3,3 miliardi. Milan? Nessun club gode di eccezioni, ma il fair play fa i controlli a posteriori. Non possiamo dire cosa fare e cosa no: ognuno è libero, poi ci sono conseguenze. Certo il Milan non può fare quello che vuole: se compra è perché prevede un rientro. Il voluntary è per nuovi azionisti: 4 anni per sistemare i conti in vece di 3. Le società devono muoversi sulla strada del risanamento. Se vanno all’opposto, l’Uefa farà le valutazioni. Se non ci sono le condizioni il voluntary può non essere concesso. Non conosciamo i conti nel dettaglio perché trasferimenti andranno a bilancio nel 2018. Capisco sia una situazione difficile da spiegare: ma una, il Milan, non era nelle coppe e quindi non era soggetta al fair play, l’altra, l’Inter, sì. Poi quando ti qualifichi devi rispettare le regole. Il mercato non è finito, le somme si tirano alla fine. Italiane? Dal punto di vista del fair play stanno bene. Dal punto di vista gestionale, della società intendo, alcune potrebbero andar meglio e generare più ricavi, in particolare quelli da stadio".
Data: 27/07/2017 -