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Data: 04/12/2016 -

Folgore Caratese, l'altro Belotti: "Sono io quello vero, Andrea è 'Belottino' "

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Quando Andre Belotti si affacciava per la prima volta nel calcio dei grandi, Mauro aveva già una lunga esperienza alle spalle. Nell'Albinoleffe uno era Belotti, l'altro "Belottino". Poi ognuno ha preso la sua strada. Quest'anno Andrea è arrivato fino alla Nazionale, Mauro è sceso per la prima volta in serie D, nella Folgore Caratese, club con il quale è andato a segno domenica scorsa e ieri pomeriggio, nella sfortunata sconfitta con la Bustese. Carriera precocissima anche per il difensore di Trescore Balneario che, proprio come il "Gallo", a 18 anni già si affacciava al grande calcio:

"Era il 2003 e arrivavo dall'Europeo Under 19 vinto in estate. L'Atalanta aveva deciso di tenermi però c'erano tanti giocatori più esperti. Per sei mesi sono stato in prima squadra, ma ero chiuso e quindi ho preferito andare altrove. Ho cominciato la mia carriera in serie C1, a Prato, e da lì ho iniziato a fare un po' il girovago". Apparteneva a una generazione, quella degli '84, che ha sfornato giocatori come Chiellini, Pazzini e Montolivo. Molti di loro erano prodotti dell'Atalanta: "E' un settore giovanile dove ti insegnano non solo a giocare ma anche la disciplina. Sono molto scrupolosi e il loro obiettivo non sono tanti i risultati, almeno all'inizio, ma insegnartile basi. Già dagli Allievi invece si inizia a pensare anche al risultato. Per quanto mi riguarda era un periodo d'oro. C'era il trio delle meraviglie Favini, Finardi e Perico, grandi allenatori e grandi persone, ti facevano crescere bene".

Il marchio di fabbrica dell'Atalanta non è cambiato mai nel corso degli anni. Ieri è arrivata una sconfitta in casa della Juventus, ma la classifica resta lo stesso sorprendente per la banda di "piccoli fenomeni" : "Sapevo che Gasperini poteva fare molto bene con i nerazzurri, perché è uno abituato a lavorare con i giovani. Poi Bergamo è una piazza che quando le cose vanno bene è capace di darti una marcia in più, di trascinarti". Anche Mauro era considerato una grande promessa, tanto da giocare titolare la finale dell'Europeo del 2003. Poi cosa ti è successo? "E' andata così. Giocando in Lega Pro è un po' come stare nel limbo. Facendo sacrifici ti puoi levare delle belle soddisfazioni, ma non certo paragonabili a quelle di serie B e serie A. Negli anni ho colto però dei risultati che mi fanno stare bene con me stesso".

Nel frattempo ti sei anche laureato: "Nel 2009 mi sono fatto male e ho capito che a 25 anni probabilmente non sarei più riuscito ad arrivare a certi livelli. Ho pensato che il calcio non mi avrebbe permesso di mantenermi per tutta la vita e quindi era il momento di pensare anche al mio futuro. La Facoltà che più si addiceva a me era quella di Scienze Motorie e così ho deciso di iscrivermi e di laurearmi". Nel campionato 2012-2013 hai incrociato un certo Andrea, ricordi? "Belottino! Già da piccolo si intravedevano grandi qualità. Ero sicuro che avrebbe fatto carriera: a 18 anni già faceva la differenza in Lega Pro. Non mi sarei mai aspettato, invece, di trovarloa questi livelli dopo appena 3 anni. Adesso è addirittura il centravanti della Nazionale e con merito. Sono felice per lui perché è sempre stato un ragazzo d'oro, educato, umile, disponibile, a modo. Merita tutto quello che gli sta capitando in questo momento".

Hai fatto tutta la trafila delle Nazionali giovanili azzurre dall'Under 15 all'Under 19, il ricordo più bello? "Sicuramente la vittoria all'Europeo Under 19 del 2003. Un'esperienza di vita importante, perché mi ha portato a girare tutto il mondo ed è stato un grande privilegio. Te ne rendi conto solo dopo, quando sei più grande. La Nazionale, un po' come l'Atalanta, è anche una palestra di vita. Dal punto di vista umano mi ha dato tanto". Dopo tanti anni di professionismo hai scelto la D, come mai? "Bisogna essere sinceri, è la D che ha scelto me! Io avrei preferito stare una categoria più in alto. Siccome non era possibile, perché con le varie regole il mercato della Lega Pro va in una certa maniera, ho deciso di andare a Carate. Si tratta di una piazza importante per la categoria, guidata da un gruppo solido che ha progetti ambiziosi. Vediamo come andrà a finire questo campionato. Abbiamo passato dei mesi brutti e quindi al momento l'obiettivo è portare a casa più punti possibile. Vogliamo salire in classifica e portarci in una posizione tranquilla, per ora basta questo".

Hai passioni particolari oltre a quella per il calcio? "Mio figlio e mia moglie, due piacevolissime passioni. Assorbono tutto il mio tempo libero e io sono felice così. E' l'unica passione che posso permettermi. Cosa racconterò ai miei nipotini? Dei concetti base di uno spogliotoio: lealtà, impegno, disciplina e di qualche aneddoto di quelli che ti fanno capire cosa significa avere un obiettivo. Il gruppo e l'unione di intenti permettono di fare piccoli miracoli". Futuro? "Voglio giocare il più possibile perché mi piace ancora, finché il fisico me lo permetterà. Nonostante difficoltà e stranezze della categoria, il calcio è ancora la mia più grande passione. Una volta smesso mi piacerebbe fare l'allenatore. Partire dai giovani e poi fare la mia carriera. Cercherò di mettere in pratica tutto quello che ho imparato dai vari allenatori che ho avuto". Dna atalantino.



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