Come festeggiare i 110 anni? Con un nuovo capitolo della propria storia. E forse la metafora più giusta è quella della fenice. Perché quella recente del Como è la storia di una rinascita. E le celebri ‘ceneri’ sono gli ultimi otto mesi, difficili, ma durante i quali il club – fallito – è riuscito sempre e comunque a scendere in campo e a conquistare tanti punti da essere in piena zona playoff. Sì, perché questo ottavo posto nel Girone A di Lega Pro se non è un miracolo, un po’ ci si avvicina. Quindi la domanda è d’obbligo: come ha fatto la squadra a condurre fin qui una stagione così buona, tanto da ‘rischiare’ di andarsi a giocare la Serie B? “Con molta umiltà, siamo stati bravi a concentrare tutte le nostre forze solo sul campo”. Il direttore sportivo, Gianluca Andrissi, infatti ne è tanto sicuro quanto fiero: “Siamo tutti in campo e la forza è di tutti. Inutile citare tutte le difficoltà avute, quando si deve giocare il resto non conta. E nonostante le questioni aziendali e i primi mesi difficili, la squadra ha sempre messo da parte gli alibi”.
Una storia, più capitoli. A luglio dell’anno scorso il fallimento, dopo la retrocessione dalla Serie B. Poi quegli 8 mesi di dubbi, di aste andate a vuoto. Fino all’ultima, la quarta, di mercoledì scorso dalla quale – finalmente – è uscito il nome del nuovo proprietario del club: Akosua Puni. Lady Essien, giusto per semplificare e per ribadire che non è nuova nel mondo del calcio anche grazie al marito ex Milan, Real e non solo. Ed ora troverà una squadra “che non molla mai” e che finora ha pensato solo al calcio giocato. “La quotidianità, la programmazione e il lavoro fanno la differenza. Il futuro non lo conosciamo ma in questo campionato la cosa più importante è sempre la prossima partita, non si guarda molto più in là”, come un mantra ripetuto ogni settimana. Como’s Karma. Che alla fine è anche la filosofia del direttore sportivo Andrissi. Arrivato al Como la scorso giugno, voluto dall’ex presidente Porro, e subito alle prese con un mercato estivo in cui “ho perso diversi giocatori e la possibilità di portare qui degli elementi di talento. Comunque siamo riusciti a prendere 5 ragazzi per lo più giovani, in collaborazione con il curatore fallimentare, e di completare la rosa”. E quello di gennaio? “Soltanto due entrate (il difensore Fissore e il centrocampista Cavalli). Quindi abbiamo ridotto ulteriormente la rosa però abbiamo preso due ragazzi che ci stanno dando una grossa mano”. Anche se il successo più grande è stato “vedere che è rimasta tutta la squadra. Potenzialmente potevano andar via tutti, visto che tutti avevano richieste effettive. Qualcuno anche molto importanti e allettanti. Ma il fatto di tenerli tutti è stata una grande impresa. E l’hanno fatta i ragazzi che hanno voluto continuare a giocare per questa maglia, questa è la verità”.
Due in particolare: il capocannoniere del club Chinellato e Di Quinzio. Mantova e Teramo sul primo, il Livorno sul secondo. Ma la voglia di restare e combattere nonostante i problemi ha avuto la meglio sulle proposte ricevute. Ed è questa la grande conquista per Andrissi dal mercato di gennaio. In sostanza: “Siamo molto compatti come società e come gruppo tecnico. E poi credo che nella cultura sportiva non ci debbano mai essere alibi, non esistono”. Tanto meno ‘fughe’ verso altri lidi. Nella carriera del direttore Andrissi però, questa col Como non è la prima situazione societaria difficile vissuta. Ed il pensiero è andato subito all’esperienza di Monza. Poi - in positivo - anche alla lunga e costruttiva parentesi all’Inter che, invece, l’ha reso il ds che è adesso, sempre attento a creare il giusto mix di esperienza e novità in squadra, con un occhio particolare ai giovani ma senza guardare troppo la carta d’identità: “Credo nella linea verde. Qui al Como abbiamo giocatori d’esperienza e giocatori giovani. E lavoriamo molto bene anche con il settore giovanile. Credo però che un giovane per giocare però debba essere di valore. Gli obblighi non esistono e non mi piacciono in nessuna categoria: non guardiamo l’anagrafe”. Esempio lampante è la cessione di Mutton, classe ’99, con 3 presenze nel Como ma venduto all’Inter a gennaio: “Gli abbiamo dato questa opportunità, ma se fosse rimasto con noi avrebbe giocato ancora. Non importa l’età, contano i valori calcistici”. Ed anche i valori morali: “Per me è fondamentale conoscere anche il lato umano del calciatore. La prima cosa che guardo infatti non è solo il valore calcistico, quindi la parte tecnico-tattica, ma soprattutto in anticipo voglio conoscere l’uomo, il comportamento. E una volta che ci sono dei valori importanti da questo punto di vista, un giocatore che ha fatto anche la A o la B in Lega Pro può dare un contributo notevole”. Ai giovani e alla squadra tutta. Valori, dunque. Quelli che cerca e premia questo ds col mito di Cruijff: “Sono innamorato di lui come giocatore, per le sue idee e la sua filosofia. Quando si parla di lui mi luccicano gli occhi”.
Quando invece si parla del futuro del Como, l’imperativo resta comunque il mantenere i piedi per terra. “Il primo obiettivo era quello di mantenere la categoria, poi valuteremo strada facendo se saremo capaci di ottenere anche qualcosa in più visto che siamo in zona playoff”. E la Serie B? “Un sogno per noi vista la situazione di partenza. Intanto iniziamo ad avere la matematica sicurezza della salvezza...”. Poi sarà tempo di nuovi programmi, insieme alla nuova proprietà, sapendo di dover “ridurre i limiti e mantenere i pregi, per avere un Como ancora più competitivo”. Il telaio c’è: da Le Noci e Fietta (“hanno fatto la storia del Como”), fino a tutti quegli elementi che hanno giocato in B o in A, e poi i giovani come Pessina, Damian, Cortesi che “potranno dimostrare il loro valore”. E intanto confermare la squadra nella categoria. Puntando anche a qualcosa di più magari. Chissà. Sempre con i piedi per terra, ma con licenza di sognare. Dopo aver chiuso un capitolo complicato della propria storia e averne aperto un altro, tutto nuovo come la proprietà. Per festeggiare i 110 anni del club col sorriso e lasciarsi alle spalle le difficoltà.