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Data: 29/10/2016 -

Ferrara: "Juventus? Ancora non capisco perché io, al mio primo anno, avrei dovuto subito vincere lo scudetto"

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Juventus, Napoli, Maradona, Wuhan Zall... a tutto Ciro Ferrara. L'ex difensore della Nazionale si racconta dalla Cina, dove attualmente allena una squadra di serie B. La differenza di orario gli impedirà di vedere il "big" match tra le due squadre che hanno segnato la sua carriera? Forse... ma Ciro farà di tutto per essere tra i milioni di spettatori da tutto il mondo:

"Purtroppo, non so ancora se sarò in grado di riuscire a vedere la partita, visto l’orario: saranno le due e quarantacinque del mattino in Cina" - dichiara Ferrara al Corriere dello Sport -"Da diversi anni ritengo la Juventus davanti a tutti come squadra e come organizzazione societaria. Le altre, e tra queste sicuramente il Napoli, devono cercare di mantenere il ritmo della Juventus fino alla fine". Intanto l'esperienza in panchina procede felicemente: "I cinesi tendono a scegliere allenatori stranieri che li aiutino non solo nell’organizzazione tecnica e tattica, ma anche in quella societaria. L’esperienza di chi ha giocato in Europa per loro è molto utile. Qui il calcio è meno soffocante. La pressione mediatica è incomparabile. Il cinese non lo conosco, non leggo neanche ciò che scrivono di me, però è una pressione diversa, a cominciare dalla conferenza stampa. L’incontro pre gara con i giornalisti dura quattro o cinque minuti e dopo la partita sono altri dieci minuti al massimo. Sto vivendo un’esperienza molto bella, gratificante, tra l’altro quest’anno è andata molto bene, quindi sono soddisfatto. Tornare in Italia? Vorrei continuare questo percorso che ho iniziato, chiaramente cercando di migliorare la squadra, di rinforzarla, perché come in Italia anche qui l’anno prossimo vogliono vincere. Vogliono salire in serie A. Ma non è così semplice".

Tuffo nel passato... Ferrara racconta un aneddoto che in pochi sanno: "Da ragazzino avevo il morbo di Osgood Schlatter che oggi tantissimi ragazzini in fase di sviluppo hanno. È un problema della cartilagine del ginocchio, in modo particolare, e quindi avevo grossi fastidi, se stavo tanto tempo seduto, persino a stendere le gambe, per non dire della attività fisica. Oggi come oggi è un problema di sviluppo, di accrescimento e quindi stai per un periodo fermo e passa. Io invece credo di essere stato l’ultimo ad aver subito un’operazione. Poi mi hanno ingessato tutte e due le gambe, sono stato per un mese sulla sedia a rotelle. Ma non smettevo di giocare al calcio, mio fratello mi lanciava il pallone e io di testa ci davo dentro, con tutta la sedia a rotelle". Per anni Ciro è stato compagno di un certo Diego: "Maradona, pur essendo il numero uno al mondo, non ha mai fatto sentire questo nei confronti dei suoi compagni, che infatti gli hanno sempre voluto bene. Credo che questa sia stata la sua dote più grande: mettersi comunque a disposizione e giocare con giocatori che inevitabilmente erano più scarsi di lui. Ma questo lui non lo ha mai fatto pesare; e poi nei confronti dei ragazzi aveva sempre parole di incoraggiamento. Insomma, ci ha dato un grandissimo aiuto, all’inizio noi ragazzi eravamo molto timorosi e rispettosi nei suoi confronti, ma lui immediatamente ci metteva a nostro agio".

Esordio nel calcio professionistico? Arrivò proprio contro i bianconeri: "Sì, il 5 maggio ’85 è la data che resterà scolpita nei miei ricordi. Le volte che ero andato in panchina mi ero anche riscaldato ma non c’era mai stata la possibilità di entrare. Poi improvvisamente capita in quella che è la partita dell’anno, la partita clou per noi napoletani. In quegli anni gli obiettivi non erano grandi obiettivi e quindi battere la Juventus voleva dire tutto. Dopo una ventina di minuti un mio compagno si infortunò e Marchesi mi mandò in campo. Un ragazzino di diciotto anni che entra e deve marcare un certo Boniek... Io non potevo credere ai miei occhi, non potevo credere a quello che mi stava succedendo. Però devo dire che il debutto andò molto bene. Recentemente ho rivisto la partita e mio figlio mi ha detto 'papà, andavate a due all’ora'. Marcai Boniek che poi, tra il primo e il secondo tempo, in uno scontro fortuito con il sottoscritto, uscì per una botta alla caviglia". Compagno più forte e avversario più ostico: "Montero. Credo sia stato il compagno di reparto più forte con cui ho avuto la possibilità di giocare. Secondo me ci completavamo e integravamo benissimo. Io di Paolo ho un ricordo fantastico, come giocatore e come uomo. Avversari? Il più “bastardo” senz’altro il mio amico Aldo Serena. Ogni volta che ci incontriamo glielo ricordo. Porto ancora i segni di una bella gomitata sotto al mento. Però lui era furbo e non si faceva scoprire dall’arbitro. Oggi con tutte le telecamere sarebbe espulso ogni domenica. Il più forte? Montesano dell'Udinese, era un dribblomane che se stava in giornata ti mandava al manicomio. Io quel giorno sono completamente impazzito per le finte che è riuscito a farmi. E ancora maledico i miei due compagni che mi fregarono".

Ferrara come Higuain? L'ex difensore azzurro ha qualcosa da obiettare: "Nessun calciatore fino ad oggi ha avuto la storia che ho avuto io con il Napoli. La mia storia con il Napoli è quella di un ragazzo della città, uno scugnizzo, cresciuto nel settore giovanile, la storia in una squadra che è durata per dieci anni, storia anche di capitano, quando andò via Diego. Quindi non credo che le due vicende si possano minimamente accostare. Io avevo un contratto in scadenza nel ’94, in quel momento il Napoli aveva assolutamente bisogno di incassare quello che era allora il parametro. Ero un giocatore in scadenza a cui non era stato proposto dal Napoli un rinnovo contrattuale. Già alla fine dei mondiali del ’90 Boniperti aveva chiesto al Napoli di potermi comprare ma Ferlaino mi dichiarò incedibile. Quattro anni dopo mi cedette. La mia decisione di andare alla Juventus è stata presa perché dopo aver giocato in un Napoli vincente credevo che la Juventus fosse la squadra che mi poteva permettere di restare a certi livelli, qui in Italia". Sull'esperienza alla guida della Juventus: "Si può dire di tutto: si è parlato di inesperienza, certo non potevo avere l’esperienza che ho oggi. Però anche qui avrei qualche cosa da dire: non si capisce perché io improvvisamente, al mio primo anno, avrei dovuto subito vincere lo scudetto e non si capisce perché allenatori più esperti, più navigati di me, sono arrivati dopo e hanno incontrato le stesse difficoltà. Mi riferisco a Zaccheroni e mi riferisco a Delneri. Con risultati anche peggiori. Sì, è vera la mia inesperienza, ma forse non era solo quella la causa. C’erano problemi strutturali che la nuova dirigenza ha poi affrontato e risolto". In chiusura d'intervista Ferrare individua i momenti più belli della sua carriera: "Il primo scudetto con la squadra della mia città e la prima Champions con la Juve. Un momento azzurro e uno bianconero. I due colori, gli unici due colori, della mia lunga e meravigliosa vita di calciatore".



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