Aveva un fare burbero ma buono. Portatore sano di simpatia e furbizia. "Una volta, ai tempi della Cavese, conclusi una trattativa con tuo padre nei bagni di un aeroporto: lui era l'allenatore del Catania, che tempi", mi ricordava spesso. E io lo ricorderò per quel carisma coinvolgente che ne aveva fatto uno degli intermediari più sgamati dell'asse italo-spagnolo. Confidente di Florentino Perez, amico di Gil, mai ospite in casa Milan. Dopo il derby vinto domenica, Galliani ne parlava al ristorante con la voce commossa e il volto triste. "L'ho sentito proprio oggi Ernestino, cercavo di farlo ridere. Ma lui piangeva". Perché aveva capito ormai che l'ultima trattativa stava per finire senza il suo classico colpo di scena. Da Kakà a Ronaldinho, fino all'ultimo Honda a zero: Bronzetti ha fatto di tutto anche per riportare Ancelotti l'estate scorsa in rossonero, ma non si illudeva e non illudeva. Se gli chiedevi come stava andando un'operazione, ti rispondeva sinceramente, con fare colorito e magari mandandoti pure a quel paese se la domanda non era pertinente. "Ma chi si inventa ste cazzate? Me fa male la pansa...", scriveva nei suoi sms in diretta. "Sei un bugiardo che sa dire la verità", e giù risate alla sua maniera. Camicia bianca, accento ternano mai perso, quello spagnolo forse mai imparato. Mi mancherai Erne, in fondo ti volevo bene come ti volevano bene tutti quelli che ti conoscevano. Se il calciomercato si è spettacolarizzato, lo devo e dobbiamo anche a te, al tuo modo mai nascosto (anzi) di lavorare tra presidenti. E forse non è un caso che tu abbia aspettato proprio la fine della campagna acquisti invernale per lasciarci.