"Gol all'Olimpico? Non capivo più nulla, avrei corso per chilometri: per fortuna mi hanno abbattuto". Una carriera di duelli con i migliori giocatori del mondo, da Ibrahimovic, Nedved e Del Piero a Di Natale, Kakà e Figo, chi capitava nella zona di "bombetta" non aveva vita facile. Sempre la stessa maglia, 250 volte Cagliari per Francesco Pisano, che a 18 anni era già titolare in serie A e che adesso, a 31 anni, ha sposato il progetto Olbia, Serie C.
"Una società ambiziosa, un bacino d'utenza importante e che io ho scelto per la serietà" - spiega Pisano ai microfoni di GianlucaDiMarzio.com - "Qui si sta bene, la città è carina, lo staff tecnico è composto da professionisti seri e competenti e sono a casa, in Sardegna. C'è tutto per pensare in grande. Ma non parliamo di play-off, pensiamo partita per partita, senza fissare obiettivi, facciamo tesoro dell'esperienza dell'anno scorso. Nel girone d'andata avevamo fatto molto bene, nel girone di ritorno abbiamo rischiato di retrocedere, evitando i play-out solo all'ultima giornata: la Serie C è questa".
Due domeniche fa è arrivato anche il terzo gol in carriera: "E' sicuramente un momento speciale, soprattutto per un difensore non capita spesso. Quando vedi la palla che entra dentro, beh, sì... qualcosa di diverso la provi, una scarica di emozioni si concentrano in pochi istanti. Poi è stata una rete decisiva, che ci ha permesso di vincere in trasferta, la soddisfazione e la gioia sono doppie. Un gol è sempre un gol, indipendentemente dalla categoria". Davvero nessuna nostalgia di Cagliari? Francesco ride: "Quando è possibile vado sempre a Cagliari a vedermi la partita del Casteddu. Da amico sono felice per Andrea Cossu, perché meritava questo ritorno: per lui è il massimo. Per quanto riguarda me, invece, qui non mi fanno mancare nulla e sarebbe anche poco rispettoso per l'Olbia pensare al Cagliari".
Anche se è l'amore di una vita... "Già, fin da piccolissimo ho sempre tifato per il Cagliari e la passione per il calcio è nata seguendo i rossoblù. Ho avuto la fortuna di essere abbastanza grande da vivere la splendida cavalcata Uefa. Ho iniziato nel Sant'Elena di Quartu, ma ebbi la fortuna di essere notato dal Cagliari e da lì ho capito cosa significa veramente questa squadra. Da piccolo tifi e basta, quando inizi a crescere ti rendi conto del legame che c'è tra il club e i sardi e i valori della società. Durante i miei anni migliori ti confesso che ci sono state offerte importanti, ma non ho voluto neanche sentire, il massimo l'avevo già raggiunto. Poi giocavo in squadra con il mio idolo Diego Lopez. Io nasco come difensore centrale e studiare da vicino Diego era il top. Lopez, insieme a Conti e Cossu, erano un modello per l'attaccamento alla maglia e i valori che trasmettevano: sono tutt'ora i miei idoli".
Protagonista in Under 21, hai mai pensato alla Nazionale maggiore? "Con gli 'azzurrini' sono stati tre anni bellissimi, che mi hanno permesso di confrontarmi con i migliorigiocatori a livello europeo. Poi il passaggio alla Nazionale maggiore non è una cosa automatica e io, in uno dei periodi migliori, ho avuto la sfortuna di subire diversigravi infortuni. In quel periodo ho perso il treno, fermo restando che comunque erano altri tempi e la concorrenza era altissima: in Nazionale c'erano campioni come Zambrotta e Oddo nel mio ruolo". Giocatore immarcabile? "A livello personale Antonio Di Natale. Quando giocava da esterno alto nella fascia sinistra dell'Udinese era veramente duro da affrontare, fortissimo nell'uno contro uno. A livello di squadra mi ha sempre impressionato Maldini e il Milan di Ancelotti, imbottito di fuoriclasse, come la Juventus di Capello e Ibrahimovic: erano quasi perfette".
Ma perché bombetta? "Mi ribattezzò così Nedo Sonetti, per la mia esplosività muscolare, la velocità nel breve e lo scatto. Allenatori importanti? Giampaolo, Allegri e Lopez, sono quelli che mi hanno insegnato di più e i miei punti di riferimento nel caso ci sia la possibilità di fare l'allenatore una volta smesso". Per te anche l'esperienza al Bolton in Championship, come mai non è andata? "E' un modo di interpretare il calcio totalmente diverso, che può spaesarti. Qui in Italia studiamo gli avversari, proviamo schemi, la tattica conta tantissimo. In Inghilterra scendi in campo senza quasi conoscere l'avversario, devi giocare e basta. Per non parlare dell'alimentazione, lì non esistono regole. Ma la cosa che più è stata difficile è l'ambientamento: nessuno ti dà una mano. C'era il gruppo degli inglesi e 4 o 5 stranieri abbandonati a sé stessi. Mi sentivo un corpo estraneo, non c'era collaborazione: ho preferito cambiare subito dopo sei mesi".
Meglio la fascia a 21 anni o il primo gol in serie A? Pisano sospira... "Il gol all'Olimpico era il sogno che facevo costantemente, in quel momento non capivo più nulla. Era tanta l'emozione che ho iniziato a correre per tutto il campo e probabilmente senza tabelloni avrei continuato per chilometri e chilometri (ride). Però anche indossare la fascia da capitano a 21 anni, con tanti compagni più grandi di me che mi hanno dato fiducia non è male, no? Sono emozioni differenti, difficile scegliere". Che fa bombetta nel tempo libero? "Calcio... non si esce di lì (ride di nuovo). Guardo gare in tv. Poi ho il vizio delle partite alla play-station e mi piace molto la musica reggaeton. Mi inventerò qualcosa, magari andare a pesca, prima lo facevo con Agostini, ora dovrò trovarmi nuova compagnia... Tatuaggi? Quelli a cui tengo di più sono dedicati alla mia famiglia, mio nipote in particolare. Poi la data dell'esordio in serie A, a 18 anni, a Lecce. Infine, ma non certo ultimo, quello con il nome di tutti i compagni storici del Cagliari: Conti, Cossu, Agostini e Lopez".
Hai anche una Accademy, hai qualche talento da segnalarci? "Questo è il terzo anno e ho sempre visto miglioramenti: dare una possibilità ai ragazzi del mio quartiere è una cosa che mi sta a cuore. I bambini sono ancora piccoli, ci stiamo lavorando, li stiamo crescendo ed è stimolante vedere come i miei collaboratori, affidabilissimi, stiano ottenendo risultati. E' una cosa che mi sta coinvolgendo e mi rende orgoglioso. Spero di poter dare veramente qualcosa a questi ragazzi, magari non necessariamente il professionismo. Mi basterebbe insegnarglia stare con gli altri, a capire cosa significhi fare gruppo e il rispetto delle regole". Sei a caccia del nuovo Barella? "Magari... Nicolò non mi sorprende, lo vedevo tutti i giorni. Aveva 16 anni, ma già la testa del professionista, per lo spirito con il quale affrontava gli allenamenti e si impegnava. Ha sempre avuto una marcia in più oltre che doti fuori dal comune. Alla fine il lavoro paga ed è giusto tutto quello che sta ricevendo in questo momento. Ha solo vent'anni ma in campo è già uno dei leader, un trascinatore. Fa la differenza e questo la dice tutta".
Futuro? Magari anche tu, come Cossu, potresti chiudere la carriera a Cagliari: "Adesso penso solo a giocare perché ancora ho diversi anni davanti. Una volta smesso mi piacerebbe fare l'allenatore, è una passione che ultimamente mi sta prendendo tanto, grazie allo staff dell'Olbia. Per quanto riguarda il Cagliari, non ci penso più di tanto, vivo alla giornata concentrato sugli obiettivi e il progetto dell'Olbia. In futuro vedremo cosa accadrà". D'altronde, dopo 3 anni, a Cagliari non hanno ancora trovato il suo erede...