Paradiso e inferno. O viceversa. In novanta (e oltre) minuti, o in vent’anni. Le finali europee del 1976 e del 1996 hanno due destini incrociati. A giocarsele, due popoli e quattro nazionali. Di mezzo, due tempi supplementari che finiscono in maniera diversa, ma ugualmente straordinaria. È la storia di Cecoslovacchia-Germania Ovest e di Germania-Repubblica Ceca.
Belgrado, 20 giugno 1976. La Germania Ovest, quattro anni dopo il successo di Bruxelles, è ancora all’ultimo atto dell’Europeo. Per arrivare in finale i tedeschi hanno dovuto compiere un’autentica impresa. Sotto di due reti contro la Jugoslavia padrona di casa, sembrava finita. Ma Flohe ha riaperto la partita. E Schön, il c.t. campione del Mondo, ha deciso quindi di giocare l’ultima carta. Al 79’ Dieter Müller, bomber del Colonia, è entrato in campo per il suo debutto in Nazionale. Tre minuti dopo ha già segnato la rete che vale i supplementari. Nell’extra-time altre due reti lo consegnano alla storia degli Europei. La Cecoslovacchia, invece, elimina la favoritissima Olanda. Gli “orange” di Cruyff, giustizieri dell’Italia nelle eliminatorie, vengono battuti 3-1 dopo 120’ di battaglia. Nei tempi regolamentari ha fatto tutto il capitano ceco Ondruš, con un gol e un autogol. Nehoda e Veselý firmano le reti che valgono la finale.
La partenza tedesca, come in semifinale, è la peggiore possibile. Švehlík e Dobiaš portano la Cecoslovacchia sul 2-0 dopo 25’. Schön stavolta ha scelto Müller dall’inizio. Il numero 9 lo ripaga accorciando il risultato al 28’ con un bel tiro al volo. Questa Germania Ovest è proprio abituata alle rimonte. Infatti, all’89’, Hölzenbein trascina la sfida ai supplementari. Anche al 120’, il risultato è di 2-2. Dal dischetto vanno a segno i primi tre tiratori di entrambe le squadre. Jurkemik segna, il tedesco Hoeness spara altissimo. Antonín Panenka è incaricato di tirare il rigore decisivo. “A fine allenamento, allo Bohemians Praga - ha raccontato in seguito il centrocampista ceco - ci allenavamo sui rigori con il portiere Zdenek Hruska. Scommettevamo spesso una birra o una barretta di cioccolato. Ma perdevo sempre. Zdenek aspettava, prima di tuffarsi, di cercare di capire dove avrei tirato. Un giorno, decisi di fintare il tiro potente e toccare invece dolcemente il pallone. Funzionò. Il vero problema è che ingrassai parecchio, perché cominciai a vincere le nostre scommesse”. Panenka non lo sa, ma ha appena inventato il cucchiaio. “Provai il trucchetto un paio di volte in campionato. Tutto liscio come l’olio. Decisi che, se mi fosse capitata la possibilità di tirare un rigore agli Europei, lo avrei rifatto”. Antonín è di parola, il 20 giugno 1976. Spiazza Maier con un rigore perfetto. La Cecoslovacchia è in paradiso, è campione d’Europa per la prima volta. Anche grazie alla pagina di storia scritta da Panenka.
Passano vent’anni, non senza conseguenze politiche opposte per i due paesi. Nel 1990 la Germania “raddoppia”, tornando ad essere una sola nazione con la caduta del Muro. Tre anni più tardi, invece, la Cecoslovacchia, invece, si divide. Slovacchia da una parte, Repubblica Ceca dall’altra. Nessuno può sapere che la Storia ha in serbo una rivincita. Da giocare sul prato di Wembley. Euro 96, per celebrare il trentennale del successo di Bobby Moore e compagni ai Mondiali, si gioca in Inghilterra. La Repubblica Ceca disputa il primo torneo con la nuova denominazione, la Germania vuole riscattare la finale persa nel 1992. Le due squadre finiscono nello stesso girone. A farne le spese è l’Italia di Sacchi, che viene sconfitta 2-1 dai cechi (a segno Pavel Nedvěd) e sbatte contro i tedeschi nell’ultima sfida del girone. Zola sbaglia un rigore, la sfida finisce 0-0, gli azzurri tornano a casa. Germania e Repubblica Ceca passano ai quarti.
Poborský affonda il Portogallo con uno straordinario pallonetto. I tedeschi faticano con la Croazia di Šuker, ma passano grazie ai gol di Klinsmann e Sammer. In semifinale, i cechi battono ai rigori la Francia, con il rigore decisivo di Kadlec che fa impazzire la nazione. Tra Germania e Inghilterra, a Wembley, è vera battaglia. La nazionale di Vogts rischia di affondare. Ma si sa, come dice Gary Lineker, “alla fine vincono i tedeschi”. Dopo l’1-1 al termine di 120’ epici, Southgate sbaglia il rigore decisivo, mentre Möller manda la Germania in finale. Londra, 30 giugno 1996, 73.611 spettatori, tra i quali la Regina Elisabetta. Nedvěd e compagni giocano un’ora di grande calcio e passano in vantaggio con il rigore di Berger. La Germania è disperata e manda in campo la terza punta, Oliver Bierhoff. 17 gol con l’Udinese gli sono valsi la chiamata in Nazionale, al 69’ entra al posto di Scholl. Bastano quattro minuti per firmare la rete del pari. Si va ai supplementari, come nel 1976. Stavolta, però, in paradiso va la Germania. Bierhoff realizza al 95’ il primo golden goal della storia degli Europei. Serviva evidentemente un’altra invenzione per chiudere il conto con un destino lungo vent’anni.