Diventare un calciatore professionista in una famiglia di giocatori di pallacanestro è possibile? La risposta è sì, ed è anche più facile del previsto. Chiedere a Elias Cobbaut per credere: “Mio padre mi lanciò il pallone da basket e invece di prenderla in mano la calciai. Da lì mio padre decise che avrei dovuto giocare a calcio” ci ha raccontato ai microfoni di gianlucadimarzio.com.
Basket? No, grazie
Una scelta inaspettata, dato che Bruno Cobbaut era stato un cestista professionista negli anni Ottanta. Ma davanti ad una scena del genere un padre non può restare indifferente: “Giocavo con lui qualche volta a basket ma il mio sport principale è sempre stato il calcio e a quattro anni i miei genitori mi hanno portato al Mechelen”. E in cameretta non c’era il poster di Michael Jordan o Kobe Bryant ma quello di Ronaldinho e Zidane. Bruno ci aveva visto lungo.
Nella squadra della sua città Elias è cresciuto ed ha esordito tra i professionisti a diciassette anni. Il suo primo (e unico) gol per i “Malinwa” se lo ricorda bene dato che è stata la rete del pareggio all’ultimo minuto: “Nella mischia finale tutti sono andati sul portiere che mi ha fatto l’assist... “. Poi nel 2018 il passaggio all’Anderlecht dove ha giocato con Vincent Kompany ma dove ha incontrato anche la sua prima vera difficoltà in carriera: “Non mi ero mai infortunato in vita mia... Era un problema risolvibile in sei settimane, poi sono stati cinque mesi. Ma dopo sono tornato e ho cercato di dare il meglio di me”. E anche il ct del Belgio Robert Martinez se ne è accorto.
Belgio: la convocazione e Beyoncé
Nel 2019 Cobbaut viene convocato per la prima volta in nazionale maggiore ed esordisce contro il Cipro “Era un venerdì, ero seduto in bus ad ascoltare la musica con gli occhi chiusi poi all’improvviso un mio compagno mi ha svegliato dicendomi che ero stato chiamato. ‘Che c***o’ ho pensato. Ho guardato il telefono e sono cominciati ad arrivare i messaggi e lì ho realizzato. E come rito iniziale ho dovuto cantare “Say Yes” di Beyoncé”.
"Parma? Non c'è tempo da perdere"
Dire sì, alle cose diverse a cui non siamo abituati, come aveva fatto il papà e come ha fatto lo stesso Elias quando ha capito che all’Anderlecht per lui non c’era più spazio: “Non ero più nei piani del club. Una settimana prima della fine del mercato è arrivato il Parma, ero vicino a chiudere con un’altra squadra ma quando ho sentito il nome di questo club ho subito detto al mio procuratore che non c’era tempo da perdere”.
Proud to be Cobbaut
Ad oggi Cobbaut, nonostante la diversità del campionato, la barriera linguistica e tutto quello che può andarci dietro, è il calciatore dei crociati con più minuti in stagione. Un cammino che probabilmente non sarebbe stato possibile se non fosse stato per la sua famiglia, che dal giorno zero lo supporta. Su tutti Ken, il cugino, che da Mechelen a Parma ha sempre portato negli stadi uno striscione con scritto “Proud to be Cobbaut” (Fiero di essere un Cobbaut), lo slogan della sua vita. Un orgoglio, anche se non gioca sul parquet...