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Data: 09/09/2018 -

È nella storia dell'Inghilterra, oggi Anderson aiuta ex atleti in difficoltà

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Nel 1978 fece la storia diventando il primo giocatore di colore a vestire la maglia della nazionale inglese, oggi Viv Anderson lavora per i suoi ex colleghi che hanno terminato la carriera. Poco prima di quella gara giocata contro la Cecoslovacchia nel novembre di 40 anni fa, l’allora difensore del Nottingham Forest era stato vittima di numerosi episodi di razzismo e quando sceglie di indossare la maglia della sua nazione per combattere le offese e l’ignoranza scrive una nuova pagina nel mondo del calcio, inglese e non solo.

I suoi genitori arrivarono in Gran Bretagna dalla Giamaica dopo la seconda guerra mondiale alla ricerca di lavoro, lui ha rappresentato il suo paese ai Mondiali del 1982 e del 1986. In quell’occasione 11 dei 23 convocati erano di colore o di razza mista. Per questo Anderson è diventato un simbolo della battaglia al razzismo, come racconta ancora oggi dicendosi incredibilmente stupito da quanto, nel 2018, le cose non siano definitivamente superate - soprattutto nel mondo del calcio. Un nome scritto nella storia, un primato nel passato che nessuno potrà mai togliergli.

E un presente che negli ultimi mesi lo ha visto impegnato insieme ad alcuni ex colleghi in un documentario in cui viene raccontato come hanno sfidato il razzismo; A 62 anni, poi, Viv è amministratore delegato di una società chiamata PlayOnPro, il cui scopo è tanto originale quanto necessario. Come racconta Anderson, l’azienda si occupa di trovare un lavoro per gli ex calciatori e gli ex professionisti che hanno avuto un passato nello sport. In questo modo viene fornita loro una rete di supporto che consenta di vivere anche dopo la fine della loro carriera agonistica.

Un’idea nata dopo aver osservato le statistiche riguardanti il post carriera di molti giocatori. In tanti hanno perso la loro famiglia, separandosi dalle compagne senza poter garantire a loro e ai figli il sostentamento necessario. Il 40% di quelli che hanno guadagnato fino a 40.000£ a settimana durante la loro carriera oggi attraversano serie difficoltà economiche. Così Anderson, che ha deciso di andare oltre i pregiudizi di chi può pensare che la vita di un ex atleta sia semplice, ha deciso di non ignorare questo tipo di difficoltà.

“Nella tua vita ti sei sempre allenato per fare una cosa che ora non ti serve più. I posti di lavoro sono tanti ma la difficoltà sta nel trovare una nuova professione che permetta di vivere”. Così si è costruito una rete di partnership con altre aziende per dare una mano; la volontà di Anderson sarebbe quella di aprire anche dei centri per allenare i giovani delle nazioni emergenti dal mondo del calcio permettendo, così agli ex professionisti di sfruttare le loro conoscenze. Non solo calcio naturalmente, il discorso si può ampliare a qualsiasi altro tipo di sport. Oltre a questo tipo di sostegno è stata creata anche un’app che fornisce aiuto non solo dal punto di vista economico.

Si tratta di una sorta di gruppo di sostegno, come fosse una grande chat WhatsApp dedicata agli sportivi. Qui ognuno può parlare dei propri problemi, delle difficoltà che derivano dal cambiamento improvviso della propria vita. Anderson racconta anche che due ex compagni di squadra - che avevano giocato insieme al QPR - non si parlavano da vent’anni ma hanno scoperto entrambi di essere parte dell’azienda. “Anche io sono stato contattato da un ex compagno che ha così voluto condividere con me una campagna contro il teppismo che sta portando avanti”. Questo l’impegno preso dall’ex pioniere inglese, che anche dopo la fine della sua carriera ha continuato a combattere per il futuro suo e di molti colleghi.



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