Quando disse di sì alla Cina, il coronavirus era ancora un'epidemia. E neanche si chiamava Covid-19. Per questo quella scelta lasciò tutti spiazzati: non tanto per il fatto che stesse lasciando l'Italia, quanto per il fatto che stesse andando lì, dove si iniziava a parlare di contagi, numeri e mascherine.
Ma Blerim Dzemaili non ci pensò due volte a rispondere a quella chiamata. A convincerlo fu l'allenatore che più gli ha dato in carriera, Roberto Donadoni. Così iniziò la sua avventura allo Shenzen.
Appena undici mesi dopo, quel mondo è stravolto: il virus (ahinoi) è cosa nota per tutti e Dzemaili è già tornato nella sua amata Italia: “Abbiamo deciso consensualmente di rescindere il contratto. Non aveva senso continuare” - racconta Dzemaili a Gianlucadimarzio.com - “dal primo momento allo Shenzen è stata un'esperienza difficile. Le prime partite, quando ancora c'era Donadoni, non le giocai perchè c'erano problemi burocratici legati al mio tesseramento. Quando poi venni regolarizzato fu esonerato Donadoni, da quel momento non fu più la stessa cosa. Certo, il Covid non ha aiutato. Ora però avevo bisogno di tornare da mio figlio che non vedevo da otto mesi, e ho bisogno di nuovi stimoli, che mi facciano stare bene”.
Attenzione a fraintenderlo, gli stimoli che sta cercando Blerim sono tutti legati al calcio, anche perchè non ha alcuna intenzione di smettere: “Mi sento in forma. Ho ancora voglia di giocare e di fare qualcosa che mi trasmetta il valore umano. Per questo mi mancava l'Italia: a Bologna e Napoli ho ricevuto una quantità di affetto indescrivibile. Senza questo il calcio per me non conta nulla. Il mio obiettivo ora è tornare a giocare da gennaio. Aldilà dell'esperienza in Cina, riparto da quello che ho fatto nell'intero 2019 (35 presenze e 3 gol con la maglia del Bologna). Se potessi scegliere di giocare in Italia lo farei adesso, senza pensarci. Qui ho tutto. Mi piace pensare di essere stato importante per questo calcio e sarei pronto a ritornarci”.
E, guarda caso, domenica si affrontano due delle squadre che più hanno dato a Blerim: “Il Napoli ha davvero una bella squadra, ha fatto acquisti centrati. Mi piace tantissimo Osihmen, ha delle caratteristiche uniche, che mancavano a Gattuso. Fa giocare bene la squadra. Può arrivare tranquillamente fra le prime tre. Il Bologna credo che si debba imporre di dover fare di più. Secondo me è un'ottima squadra e può stare tranquillamente fra le prime dieci. Mi piacciono molto Hickey e Schouten. In generale, lo conosco quel gruppo e so cosa può dare. Non dico che deve andare in Europa, ma si può avvicinare. Due estati fa Saputo ha speso 90 milioni e si vede. L'anno prima avevamo una squadra da 15 milioni e lottavamo per la salvezza...”.
A salvare quella squadra fu Sinisa Mihajlovic, che dal terz'ultimo posto la portò al decimo. Poi l'estate successiva arrivò la leucemia di Sinisa. Dzemaili era il capitano di quella squadra: “Fu uno shock. Eravamo in ritiro, quando ce lo dissero fu come se la malattia l'avessero diagnosticata a nostro padre. Di quell'annata ho tanti ricordi, due in particolare: la prima partita, quando si presentò a Verona senza che lo sapesse nessuno. E i mesi successivi quando lo vedemmo di nuovo a Casteldebole, più in forma, che stava guarendo. Ve lo assicuro, in quella stagione abbiamo fatto qualcosa di straordinario. Non fu facile non averlo per tutti quei mesi, ma il gruppo rimase unito e soprattutto la differenza la fece il suo staff. Sono dei professionisti veri, hanno fatto i miracoli”.
Oggi, a più di un anno dal trapianto di midollo osseo, è un Mihajlovic diverso: “Può essere, esperienze del genere ti cambiano. E' vero, lui da l'immagine di un allenatore che si arrabbia molto, ma credo che il Bologna di oggi non gli dia un motivo per arrabbiarsi. Sono tutti bravissimi ragazzi. Forse anche troppo...un po' di malizia nel calcio italiano serve”. Ora Blerim attende una chiamata, da gennaio si riapre ogni possibile scenario: “Se non dovesse arrivare non mi faccio dei problemi. Non porto assolutamente rancore. Gli ultimi anni a Bologna sarebbero, nel caso, la degna chiusura di una carriera piena di soddisfazioni”.
A cura di Alessio De Giuseppe