“Un giocatore lo vedi dal coraggio, dall’altruismo, dalla fantasia”. Ragazzi, a diciannove anni si è ancora ragazzi. Si ha “il cuore pieno di paure”, di timori. Nino e il suo provino, Gigio e Nicolò e il loro Roma-Milan. Bambini e sognatori, ieri. Protagonisti e predestinati, oggi. Camminano - e giocano - sembrando uomini, ma sempre di ragazzi si tratta. I ragazzi si faranno, pur avendo già le spalle larghe. Quelle su cui si sono appoggiate le due squadre.
Sulle spalle e sulle mani di Donnarumma, il Milan. Monumentale ancora una volta. Su Zaniolo, sul colpo di testa di Schick, su quello di Pellegrini. Ma anche sul gol, salvando su Musacchio. Insuperabile, ormai da diverse giornate. E’ un Gigio diverso. Più maturo, più centrato in campo. Merito di se stesso, merito dell’esperienza. Centocinquanta partite tra i professionisti, quarta stagione da titolare inamovibile del Milan e in Nazionale. A nemmeno 20 anni. Perchè va ricordato tutto di Gianluigi Donnarumma. Non soltanto gli errori - in campo e fuori - non soltanto lo stipendio. Ma soprattutto i numeri di questo ragazzo. Spaventosi, come le sue parate all’Olimpico. Sotto lo sguardo dell’amico Pepe.
Probabilmente l’altro protagonista del rilancio di Donnarumma. Fortemente voluto questa estate dalla dirigenza. Per sostituire Donnaruma? O anche per mettergli pressione, perché “Gigio deve dimostrare”. Cosa? “Quanti ne hai visti e quanti ne vedrai, di giocatori tristi che non hanno vinto mai. E adesso ridono dentro un bar”. Ecco, a ridere adesso è lui. Senza trionfalismi, senza alcuni eccessi di comunicazione, figli di un’età “dalle spalle strette”. In silenzio, rispondendo in campo. Grazie a quel Reina, amico, non nemico. Da cui deve “fare copia e incolla”, come dice Gattuso. Imparando, e bene, "da quei particolari con cui si giudica un giocatore".
“Prese un pallone che sembrava stregato accanto al piede rimaneva incollato. Entrò nell'area, tirò senza guardare ed il portiere lo lasció passare”, salvando ancora una volta la sua Roma. Terzo gol in cinque partite per Zaniolo. Diventato l’unica vera luce di una squadra che dopo sei mesi fatica ancora a trovare una sua identità. Quella che Nicolò ha trovato nella notte Madrid, quando “capì fin dal primo momento che l'allenatore sembrava contento e allora mise il cuore dentro alle scarpe e corse più veloce del vento”. Una corsa che non vede la fine. Da trequartista, da ala, da mezz'ala. Perché Nicolò si farà. Si è già fatto, prendendosi sulle spalle una Roma ancora convalescente.