Luci che si abbassano: atmosfera, prego. In cinque su quella torta gigante, meringata con panna e fragole - rojiblanca non per caso, i colori della sua vita tra Atletico e River Plate - grande come il cuore di papà: Giuliano, Gianluca e Giovanni in fila, eleganti. In primissima fila la signora Simeone: Carla Pereyra. E l’ultima arrivata, la piccola 'Francesquita’ che già frequenta il Calderon con tanto di magliettina addosso. “Meringata eh, non merengues”. Sia mai, un’intera sala potrebbe offendersi.
E poi arriva lui, in nero e con i capelli rigorosamente all’indietro, gel su gel come al suo solito. Tutti in piedi, un respiro e… “Tanti auguri a te, tanti auguri a te…”. A te, Diego Pablo Simeone. Che quasi si commuove, altro che bava alla bocca o foga da Champions. Lacrimuccia che scende, un bacio ai quattro figlioli più alla mamma adorata. “Si ma quanta gente…” sibila un argentino meravigliato, stupito, orgoglioso dei tanti ospiti in sala. Si fa avanti Lucescu, suo primo allenatore ai tempi del Pisa. “Oh, chi si vede!”. C’è pure un idolo come Diego, si Maradona: compagni a Siviglia e che ricordi con Aragoners a dirigere l’orchestra. Più di una chiacchierata con Moratti, Zanetti e Ronaldo, quella Coppa vinta a Parigi l’apice del loro amore. “Del 5 maggio non ne parliamo va, meglio” chiosa Simeone, allora biancoceleste. Solo sorrisi in questo giorno di festa. Si ma la Serie A vinta a Roma sponda Lazio dove la mettiamo? Veron, Crespo, Almeyda e Sven Goran Eriksson corrono ad abbracciarlo. Non si vede Fernando Couto, e per fortuna forse: più botte che carezze tra i due.
D’un tratto, il “tanti auguri” viene sovrastato da “Atleti, Atleti, Atletico de Madrid”. Falcao, Aguero, Forlan, Torres, Arda, Diego Costa, Raul Garcia, Griezmann… e via così. Più tutti i dirigenti che insieme a lui hanno trasformato quello che è sempre stato il secondo club di Madrid in un ‘equipazo’ da tre semifinali di Champions in quattro anni. Si vede l’italiano Berta, la sua mente sul mercato nonché fedele compagno . Ci sono pure vari tifosi, un popolo colchoneros vero e proprio che per lui si getterebbe nel fuoco: sfilata rojiblanca in grande stile, con quel regalo così vistoso da coprire una parete intera. “Cos’è?”. Un’altra torta, a forma di Liga, la Liga che ha vinto nel 2014. Tutt’attorno mille frasi, le sue frasi: "Partido a partido”, partita dopo partita. "A algunos les molesta que estemos vivos”, ad alcuni infastidisce che siamo vivi. "No ganan siempre los buenos, ganan los que luchan”, non vincono sempre i migliori, vince chi lotta. "Estos chicos nacieron con unos huevos muy grandes, felicito a sus mamás”, questi ragazzi sono nati con due palle grandi come una casa, mi complimento con le loro madri. “Juega cada partido como si fuera el último”, gioca ogni partita come se fosse l'ultima. "El esfuerzo no se negocia. Ni tolero el conformismo. La pasividad está alejada de mí”, non si scende a compromessi per il sacrifico. Non tollero il conformismo. La passività non fa parte di me. "Disfruto ganando un título. Pero lo que ya se hizo se quedó atrás. El fútbol siempre es el mañana”, godo vincendo titoli ma quello che è già stato fatto resta alle nostre spalle: il calcio è sempre domani. Cholo? No, Cholismo. Modo di essere, stile, ragione di vita. Da lottatore che non molla mai, i sogni men che meno. Diego Pablo si commuove, sala nuovamente tutta in piedi, solo per lui: tanti auguri Simeone, altri 47 così.