Brasileirao appena concluso. Il Palmeiras di Cuca ha trionfato davanti a un altro "top" club carioca, il Flamengo, guidato a centrocampo da un certo Diego... Sì, è proprio lui, l'ex Juventus, che a 31 anni ha deciso di tornare nel suo Brasile, dopo 12 anni di Europa. Diego, che nel 2009 passò dal Werder Brema ai bianconeri per 25 milioni di euro, si racconta nel corso di una lunga intervista concessa a ExtraTime:
"Europa? Ovunque ho imparato qualcosa. Il cambio più drastico è stato in Germania nel 2006. Inverno rigido, lingua difficile, ma lì ho imparato di più come uomo e giocatore in 6 anni fra Werder e Wolfsburg. Portogallo? Non avevo nozione di ciò che voleva dire giocare in Europa. Ma era la mia lingua, il Porto aveva una struttura molto buona, vinsi l’Intercontinentale. Italia? Un popolo appassionato di calcio, un club gigantesco come la Juventus, un calore umano simile a quello brasiliano. Un calcio un po’ più difensivo, ma tatticamente finisci per imparare tanto. In Spagna fu sensazionale l’Atletico Madrid: campi eccellenti, squadre che vogliono sempre giocare, uno stile molto gradito dai giocatori tecnici. Una finale Champions e una Europa League vinta. Turchia? Lì le persone vivono il calcio 24 ore al giorno. Forti emozioni al Fenerbahçe. Mi ha incantato Istanbul, una città speciale. Se dovessi scegliere un posto per viverci, direi Spagna. Quello in cui ho imparato di più la Germania. Ma lo stile di vita italiano, in cui si parla ad alta voce, si gesticola e ci si abbraccia: piace molto a noi brasiliani e il cibo è meraviglioso".
Diego poteva tornare in Italia: "Sì, dei club mi hanno cercato prima del Flamengo. Non erano tra i 5 o 6 top. Sono stati onesti: hanno detto di non poter competere con gli altri". Capitolo Juventus: "Non mi pento di nulla, fu un sogno. Avevo proposte da Real Madrid, Bayern ma preferii la Juve. Firmai per 4 anni. Però è un club in cui si deve vincere. E non fu ciò che successe. All’epoca fecero una rivoluzione. Cambiarono la filosofia, volevano un calcio più attraente. All’inizio fu meraviglioso, 4 vittorie di fila, io feci una doppietta a Roma. Ma poi i risultati non arrivarono, forse perché la squadra non si identificò con quel sistema. A gennaio arrivò Zaccheroni per Ferrara. La stagione seguente presero Delneri, che riportò il 4-4-2. Già quando lui era al Porto nel 2004 seppi che non era stato favorevole al mio arrivo. Non giocava con una mezzala. Cambiò tutto. Arrivò una nuova direzione con Marotta: lui e Delneri mi dicevano che volevano tenermi ma il mio agente mi fece vedere una procura con cui la Juve lo autorizzava a trattarmi con altre società. Scelsi il Wolfsburg. Oggi, con la maturità, non me ne sarei andato subito, sarei rimasto almeno un altro anno. Non ebbi pazienza…".
Del Piero e Diego incompatibili? "Nooo. Ci siamo parlati a lungo di recente a San Paolo. Delneri disse che non potevamo giocare insieme. Ma Del Piero è una persona sensazionale, con cui avevo ottimi rapporti dentro e fuori dal campo. Come con Grosso, Cannavaro, Chiellini". Migliori allenatori e avversari più difficili da affrontare? "Simeone è da top 3. Per l’intensità del lavoro, ha portato l’Atletico tra le big in Europa. Schaaf, del Werder, faceva funzionare la squadra in modo eccellente, e Luxemburgo al Santos. In nazionale Parreira con cui ho vinto una Coppa America nel 2004. Zé Ricardo, ora al Flamengo, è intelligente, umile senza perdere autorità. L’avversario più tosto? Makelele. Lo incontrai in Champions quando lui era al Chelsea e io al Werder: era durissimo saltarlo". Ora il Flamengo quando è stato ingaggiato: "Mi sono sorpreso di tanta gente all’aeroporto quando sono arrivato. Un impatto fortissimo, una tifoseria fanatica. Il Maracanã pieno". Rapporto speciale con Robinho: "Siamo sempre amici, fratelli. Quando ero al Werder ebbi occasioni di passare al Real Madrid, dove lui giocava, ma non si arrivò a un accordo".