Fabio Capello è intervenuto nel corso della presentazione del libro "Da Calciopoli ai Pink Floyd" di Alberto Costa: “Nella mia esperienza al Milan devo tanto a Farina, mi ha aiutato molto e ha puntato lui sulla mia possibilità di diventare allenatore. Ad Atene contro il Barcellona il mio capolavoro? Ci fu anche della fortuna nella sfortuna. Contro la Fiorentina, prima della finale, facemmo un disastro: perdemmo 2-0, avevamo mezza difesa fuori. Capimmo che Desailly non poteva giocare centrale, come fece contro i Viola, e prendemmo le giuste decisioni per andare a vincere quella partita".
Capello parla anche di un suo ex giocatore, tanto amato quanto discusso: "Cassano? È un talento che purtroppo si è perso per strada per altri motivi, ha perso la carriera dopo essere stato a Roma: di talenti così non ne ho mai visti, negli ultimi 20-25 metri era più forte di Totti. Era uno alla Savicevic, vedeva giocate che gli altri non vedevano, era una persona non semplice ma anche un buono. Non è riuscito a capire il suo valore: poteva essere tra i più forti, aveva velocità e forza fisica. A Madrid mi ritrovai Ronaldo, che era il gordo, e lui, che era il gordito”, ha proseguito l'ex allenatore.
Poi uno splendido aneddoto sull’arrivo di Ronaldo al Milan: “Quando andai a fare allenamento, mi chiamò Berlusconi chiedendomi come fosse Ronaldo. Gli risposi che eravamo in trattative con squadre saudite, che pesava più degli 84 chili che doveva pesare e gli interessava mangiare, andare con modelle. Lui mi ringraziò, appese il telefono…e il giorno dopo Ronaldo era del Milan. Chi il più grande di sempre? Per me Van Basten. Maldini e Baresi avrebbero meritato il pallone d’oro”.
La conclusione dell'intervento è dedicata al presente: “Oggi si vince con schemi, si vince con idee, capendo il momento che si vive. Ci sono degli allenatori con idee in Italia, ma in questo momento stiamo arrivando ad una fase in cui siamo ancora seguaci del Guardiola di Barcellona: ultimamente ho visto due squadre italiane giocare benissimo, come l’Atalanta e la Lazio. Che non vince, ma perché mancano i grandi giocatori”, ha affermato Capello.
Zaccheroni e il retroscena scudetto
All’evento ha preso parola anche Alberto Zaccheroni, campione d’Italia ‘98-‘99 sulla panchina rossonera: “Si è sempre detto che quel Milan non fosse una grande squadra, ma così non era: non fu solo merito mio, come molti mi attribuirono, ma anche di una grande squadra. Avevo giocatori di spessore, di qualità e personalità: se non hai personalità, non vinci. La Lazio in quell’anno ci diede una mano: non ci tenne in considerazione, rallentando eccessivamente nel corso della nostra rimonta.
Arrivammo a questo sprint finale, con grande merito dei ragazzi: quando la Lazio perse in casa contro la Juventus eravamo su un aereo, una volta aperto il portellone venimmo a conoscenza di ciò e ai miei giocatori brillarono gli occhi. Per quel Milan ho una venerazione per Billy Costacurta, cui diedi le chiavi del Milan in mano insieme a Maldini e Albertini, proponendo anche la difesa a 3. Secondo me Billy, per le qualità che aveva, non sudò mai in quel campionato. La vigilia della partita di Perugia la vivemmo serenamente: quella settimana ero tranquillo perché avevo fiducia nei miei, pur avendo fatto molto fatica contro la Samp che finì per retrocedere in quell’occasione”.