Incapace di deludere le attese. Tutti lo aspettavano, per la “prima” a S.Siro da rossonero, e la risposta è stata una semplice conferma: Gonzalo Higuaín, quando serve, non sbaglia mai.
Decisivo nel finale, oggi come in occasione del gol-scudetto contro l’Inter, anche senza segnare, elevandosi inevitabilmente un gradino più in alto di tutti.
La storia continua: e se la gioia del gol viene strozzata dal VAR, con mezzo piede oltre la linea difensiva della Roma, a valere la vittoria finale è…un assist. Alla Kakà, davanti a Kakà, in tribuna.
Essere bomber di un Milan che di uno come lui avrebbe avuto bisogno per anni, con una “9” maledetta dopo l’addio di Inzaghi, e fungere contemporaneamente da trequartista: abbassarsi, ricevere palla, distribuirla sugli esterni o…imbucarla.
Visione di gioco totale a regalare un cioccolatino da scartare per Cutrone, solo davanti ad Olsen, per strappare la scena all’ultimo minuto: anche quando non fa gol. Anche quando non è, prolificamente parlando, il solito Gonzalo.
Descrivere il merito con un’istantanea: quella che vede l’intera squadra e panchina rossonera in campo, corsa ad abbracciare e sommergere Higuaín sotto una montagna umana, e Cutrone impazzire di gioia in solitaria verso la bandierina.
Differenza nel cogliere meriti esistenti ma pur sempre differenti, attesa per la giocata del campione: quella che ha regalato al Milan tre punti, sudati e meritati, e che al San Paolo era mancata, più per qualità di copertura avversarie che responsabilità proprie.
Stasera, però, non poteva andare così. Dopo un paio di tiri respinti o terminati alti, sopra la traversa, la giocata capace di cambiare tutto e mandare in gol chi quattro anni fa, incontrandolo a Coverciano, gli chiedeva un selfie. Facendo venire giù San Siro, ancor più che in occasione del 2-1 annullato, e cambiando il verso di una serata che rischiava di concludersi in maniera anonima.
Timore cancellato da uno sguardo e da un tocco, perfetto, da 3 punti: piacevole abitudine ritrovata dopo un solo turno di stop, anche lontano da una consuetudine chiamata Juventus.
Roba da trequartista, più che da attaccante: ma pur di non deludere le attese, Gonzalo è fatto così. Decisivo, anche (non) a modo suo e non come da abitudine, per vincere e far vincere.