"Partitone? Macché, ho fatto solo il mio mestiere". Una risposta semplice, sette parole che la dicono lunga sulla grande umiltà che da sempre contraddistingue Marco Sportiello. La sua Fiorentina esce indenne dal San Paolo, ma la novità più grossa è lo "zero" nella casella dei gol fatti dal Napoli, a secco davanti ai propri tifosi. Non lo direbbe mai, ma il merito è anche suo, della manona sul tiro a botta sicura di Zielinski e sulla conclusione ravvicinata di Mertens. E pensare che in azzurro doveva pure arrivarci nell'estate del 2016, lui che ha da sempre il Napoli nel cuore. Giuntoli, suo ammiratore già dai tempi di Carpi, lo voleva far crescere alle spalle di Reina, di cui un giorno avrebbe dovuto prendere il testimone . Peccato, però, che sia Rafael che Sepe di lasciare Napoli non ne volevano proprio sapere e , probabilmente, di richieste non ne avevano poi tante. Così Marco rimane a Bergamo, ma dopo tre giornate il campo non lo vede più. Già, perché oltre all’umiltà un altro suo grande pregio è la schiettezza, quella sincerità con cui, probabilmente, comunica alla società il suo desiderio di cambiare aria e di tentare il grande salto in un top club. “Se vuole andare a fare il secondo a Napoli significa che non è pronto nemmeno per fare il titolare all’Atalanta” questa la risposta di Gasperini, che da quel momento in poi gli preferirà Berisha. Cose di campo, che succedono ma che fanno male. Soprattutto per chi all’Atalanta ci è arrivato a sette anni e l’ha lasciata a ventiquattro. Anzi, teoricamente il cartellino sarebbe ancora dei bergamaschi, ma aspettarsi che uno come Corvino non lo riscatti a sei milioni al termine di questo prestito di diciotto mesi beh, sarebbe piuttosto sorprendente.
Da Bergamo a Firenze, dunque. Tante le difficoltà nel mezzo, i momenti in cui Sportiello ha pensato di non essere all’altezza. Come quando a 18 anni decide di lasciare la Primavera atalantina per farsi le ossa in Serie D con il Seregno. All’inizio va male. Non gioca, in panchina ci va con il musone e la paura di dover abbandonare il calcio. A casa si rifiuta di tornare per evitare domande scomode. Poi, delle volte, è solo questione di tempo e di pazienza. Questione di… varicella, quella che nel gennaio del 2014 colpisce Consigli, l’allora primo portiere dell’Atalanta. Marco si trova ad esordire in A con il Catania, probabilmente grazie ad un bambino. Ma è solo per merito suo che, la stagione successiva, diventa il titolare indiscusso. Un ragazzo che in porta ci è capitato perché era il più alto e scoordinato del gruppo, ma anche perché amava tuffarsi e ammirava la bravura di Sebastiano Rossi, soprattutto sui rigori. Ne sanno qualcosa i vari Higuain, Palacio e Pogba, ma anche l’amico Papu Gomez, tutti campioni che dagli undici metri si sono fatti ipnotizzare proprio da questo ragazzone. Uno che rimorchiava su Facebook ma che adesso detesta gli smartphone e chi rende pubblici i momenti sacri dello spogliatoio. Uno che ha paura dei cani, dei petardi e anche della vecchiaia, perché poi certi voli non si possono più fare. Uno a cui la scuola non è mai piaciuta ma che, allo stesso tempo, ha dimostrato come questa non sia fondamentale per scrivere dei bellissimi messaggi alla donna che si ama, o per diventare un uomo dai grandi valori. Alla sua Sara, infatti, scrive dei pensieri talmente belli da sembrare poesie. Sulle spalle porta il 57, perché moglie e figlia sono nate il cinque luglio. Le ha sempre con lui, su qualunque campo, anche ora a Firenze.
E la passione del popolo viola Marco l’ha conosciuta subito, perché nel 2011 arriva a Poggibonsi, che dista appena un’ora di macchina dal capoluogo toscano. Ma soprattutto perché al suo arrivo la Fiorentina vola fuori da Coppa Italia ed Europa League. I tifosi non sono contenti, chiedono la testa dei Della Valle e di Paulo Sousa, con il tecnico portoghese che con lui non ci parla mai, relegandolo in panchina ogni domenica. Non proprio il clima migliore. Ma con Pioli la musica è totalmente diversa: “E’ bravissimo, sta facendo bene ma può fare ancora meglio”, lo aveva stuzzicato ieri in conferenza. Marco ha ricevuto il messaggio, perché è umile, sincero ma anche molto bravo nel fare il suo mestiere. In fin dei conti sul prato del San paolo si è semplicemente limitato a fare quello, direbbe. La speranza di tutti, Pioli e Corvino in primis, è che continui a farlo al meglio. Proprio come oggi