“Le gambe mi dicono di andare avanti, ma arriva un momento in cui devi capire che bisogna smettere e pensare al futuro”. Maturità. Ma con un pizzico di malinconia. E come non averla in questi momenti… “Sì, perché al calcio ho dedicato la vita. Era il mio sogno nel cassetto, per realizzarlo ho rinunciato anche alla scuola. Non mi vergogno a dire che la lasciai dopo la quinta elementare, ma oggi non me ne pento”. Protagonista della storia: Alfonso Camorani. Lo ricordate? In Serie A con le maglie di Lecce e Siena, in B con quelle di Fiorentina, Pescara e tante altre. Pochi giorni fa ha deciso di smettere, dopo una stagione da protagonista ad Ischia in Promozione.
“Nonostante i miei 39 anni, fisicamente sto bene”: ed allora perché smettere? “Non mi sono mai fatto problemi di categoria – ha raccontato Camorani a GianlucaDiMarzio.com – Per me Serie A e Promozione sono uguali, ho sempre dato tutto in campo. Ma oggi c’è gente che non ha mai giocato a calcio che durante le partite ti risponde, anche ragazzini che non hanno rispetto per una persona più grande che ha giocato a certi livelli. Il calcio adesso è cambiato, non c’è più la fame di una volta. Prima in campo si dava il massimo, si sudava la maglietta ed io sono sempre cresciuto con questo valore dell’umiltà. Poi potevo giocare bene o male, ma mi allenavo sempre al massimo”.
Al termine della carriera ti passano davanti tutti i momenti più belli. Perché il calcio ti regala tanti ricordi, emozioni e sensazioni. Non solo in campo, ma anche negli spogliatoi. Perché è lì che ‘Fofò’, come da sempre è soprannominato Camorani, si è sempre fatto apprezzare. “Alla fine il calcio passa, ma l’uomo resta: questo è sempre stato il mio motto!”. Rapporti come quello con Davide Nicola, attuale allenatore del Crotone. “Era un burlone, scherzava sempre. Ha giocato con me a Siena, in una stagione difficile, ma sapeva sempre come farti ritornare il sorriso. Quando pioveva faceva i tuffi nell’acqua, poi si allenava tutto bagnato. E Simoni diceva ‘come possiamo lavorare con uno così…’. Era un ragazzo eccezionale, spero si salvi con il Crotone”. Camorani, però, deve tutto ad un allenatore: “A Zeman, mi vide quando giocavo a Teramo e mi portò alla Salernitana. Fuori dal campo era uno spasso, rideva e scherzava con noi. In campo, invece, era sempre molto serio. Forse lo vidi ridere una sola volta durante gli allenamenti, a Lecce. Vives sbagliò un passaggio e Zeman gli disse: ‘Peppe, ma che palla è?’. E lui: ‘Mister, è Asics’. Insieme a noi scoppiò a ridere anche lui”.
A Pescara, invece, ha lavorato con un giovanissimo Verratti. “A 16 anni faceva cose straordinarie, mi ha sempre colpito per la sua umiltà – prosegue Camorani – Ultimamente l’ho sentito tramite messaggi, ma non parliamo di calcio. A Pescara le cose non andavano bene, lui però aveva sempre il sorriso”. A Treviso, poi, condivise una stagione intensa con Bonucci. “A volte passavo per Viterbo con la macchina, lo prendevo e salivamo insieme. Mi aspettavo diventasse un calciatore di altissimo livello, già allora nel 2007 era l’unico difensore che metteva la palla a terra ed alzava la testa. Ci volevamo bene, ricordo che una volta aveva un suo sponsor tecnico e mi regalò delle scarpe nonostante fosse più giovane”.
Ma in campo hai anche a che fare con degli avversari e, probabilmente, di quelli Camorani ha i ricordi più emozionanti. Se fate un giro sulla sua bacheca Facebook, ad esempio, come immagine di copertina ha una sua foto mentre rincorre e trattiene Kaka a San Siro. “Non capita tutti i giorni di ritrovarti a giocare contro calciatori così. Chi m’impressionò particolarmente, però, fu Stam: quando lo incontrai a San Siro in un Milan-Siena lo fissai per un minuto. Poi ricordo che il mio allenatore mi chiese di marcarlo sulle palle inattive e pensai ‘ma ora come lo marco a questo’. Era un gigante”. Proprio con la maglia del Siena, Camorani incontrò anche il suo idolo: “Era Gattuso, quando giocavo a centrocampo provavo a copiarne i movimenti. Ed infatti quando lo incontrai a San Siro vedevo quel che faceva e m’impressionò perché aveva talmente tanta personalità che prendeva a parole anche calciatori tecnicamente forse più dotati come Pirlo, Sheva o Kaka. A fine partita gli chiesi la maglia e, ancora oggi, la custodisco gelosamente”.
Il calcio come stile di vita. Finita la carriera da calciatore, Camorani punta a restare in questo mondo: “A luglio faccio il corso di allenatore, inizio a prendermi il patentino per avere qualcosa in mano. Ma mi piacerebbe fare l’osservatore. In più continuo a dedicarmi alla mia scuola calcio, i miei ragazzi mi danno sempre grandi soddisfazioni”. Con l’umiltà e la voglia di sempre, Alfonso Camorani è pronto ad iniziare la sua seconda vita nel mondo del calcio.