Non importa la categoria, non importa l’età. Quello che conta è la passione. “Amo il calcio, per me ogni partita è come se fosse la prima”, anche se il campionato è quello di Serie D. Ferreira Pinto di voglia ne ha da vendere: lo trasmette ad ogni frase, lo si capisce subito sentendolo parlare. 36 anni sulla carta d’identità, ma la grinta è quella di un ragazzino. Gioca e si diverte, ed è sempre decisivo. Come nell’ultimo turno di campionato, quando con il suo Pontisola ha siglato una doppietta contro il Levico: “Segnare mi fa sempre piacere e sono felice di aver dato una mano alla squadra – Ha commentato il brasiliano ai microfoni di Gianlucadimarzio.com - Ormai è da 4 anni che sono nel Pontisola, qui mi trovo bene anche perché sono vicino casa. Questo sarà un campionato difficile perché tutti i gironi sono composti da squadre di livello”. Predica calma Ferreira Pinto, anche se la sua carriera l’ha proiettato verso palcoscenici ben più luminosi. Ha toccato la Serie A, l’ha vissuta da protagonista. Poi un brutto infortunio ha frenato la sua ascesa: “Da lì è cambiato tutto, non sono tornato quello di prima. Ma non mi pento di niente, ringrazio Dio di avermi dato l’opportunità di giocare a calcio ad altissimi livelli”.
Racconta e pensa Ferreira Pinto, a come sarebbe stata la sua vita se il suo datore di lavoro non gli avesse concesso l’opportunità di fare il provino che ha cambiato la sua storia. Aveva già 19 anni, ma il calcio all’epoca era solo una passione. Il suo lavoro era tutt’altro: “Lavoravo in fabbrica, dovevo mantenere me e la mia famiglia. Ho perso mio padre quando avevo appena 15 anni, da allora ho dovuto pensare per tutti. E’ stato difficile, poi per fortuna ci ha pensato il calcio”. E’ bastato poco: un provino, un osservatore attento e una squadra che credesse in lui. Quel giorno c’era tutto e il suo sogno ha iniziato a prendere forma. A portalo in Italia ci ha pensato poi il Lanciano: “E’ una delle due squadre più importanti della mia carriera, l’altra è l’Atalanta. Con i nerazzurri sono andato in Serie A, ho toccato con mano il mio più grande desiderio, auguro alla società e ai suoi tifosi le più grandi fortune”. Proprio a Bergamo ha avuto l’opportunità di giocare con grandi campioni: “Il più forte era Cristiano Doni, un vero fenomeno. Poi ovviamente anche Vieri. All’inizio visto la sua caratura pensavo non potesse integrarsi facilmente in una realtà come quella dell’Atalanta, invece mi sbagliavo. E’ una persona veramente alla mano. Un campione anche fuori dal campo, poi quanti scherzi faceva…”.
L’Atalanta è stata la sua famiglia per sette anni, poi nel 2013 le loro strade si sono sparate. Prima l’esperienza al Varese, poi quella al Lecce, finita nel peggiore dei modi: “Sono rimasto molto deluso dal loro atteggiamento, non sono stato confermato così ho deciso di scendere in Serie D per avvicinarmi a casa”. Casa in questo caso fa rima con Pontisola: “Non è stato facile ambientarmi, perché ovviamente la Serie D è lontanissima dalla A e la B. Si avvicina però alla C, che quest’anno con tutta sincerità è molto scarsa. Pensano solo a correre, ma il livello tecnico è molto basso. Quest’anno invece la nostra categoria è piena di squadre interessanti che puntano su un mix di giovani e giocatori d’esperienza anche in campionati importanti. Il Pontisola in particolare è una società ambiziosa guidata da un allenatore giovane e preparato che ci aiuterà a puntare in alto”.
Ci crede Ferreira Pinto. Questione di ambizione. Ma c’è un altro segreto nelle sue prestazioni: “Quando gioco non posso fare brutta figura perché ci sono mia moglie e i miei due figli che mi guardano. A fine partita fanno le pagelle quindi m’impegno sempre al massimo per prendere i voti migliori. Mio figlio più piccolo viene anche a bordo campo, ormai è il talismano della squadra”. Ragazzo umile, non si è mai montato la testa. Ad aiutarlo nel suo processo di crescita come calciatore e uomo ha sempre avuto affianco una persona che non smette mai di ringraziare: “Mia moglie Marianna, le devo tantissimo. Mi ha aiutato nei momenti difficili e in quelli felici. C’è stata sempre”. E sicuramente ci sarà ancora. Sarà lì allo stadio a tifare, ancora per qualche anno, perché Ferreira Pinto al momento non ci pensa proprio a smettere: “Finché riesco a fare la preparazione continuo a giocare, poi quando vedrò che i ragazzi mi passano davanti capirò che il momento di dire basta. Mi sono posto un limite: 40 anni. Ma se Baiocco gioca ancora e ne ha 42 perché non posso farlo anch’io?”.