Per David diventare calciatore è stato naturale, perché palloni e sogni inizia a rincorrerli presto. I primi tiri li fa all’oratorio di Carnate, in Brianza, ancora bambino.
A sette anni è sotto la lente del Milan, ma è ancora troppo piccolo, così vive un’esperienza al Cimiano prima di iniziare l’avventura rossonera. Mamma Maria e papà Salvatore, che lo accompagnano ad allenamenti e partite senza risparmiarsi, sono ogni giorno più consapevoli che quell’andirivieni continuo tra i campi, sarà una costante.
“Mi seguivano dappertutto, anche nei tornei in giro per l’Europa. E la cosa che mi rende più fiero è che non hanno ancora smesso”.
Dopo le giovanili nel Milan, il classe ‘94 accetta di trasferirsi a Lecce e di avviare la carriera da professionista: “Non è stato facile, ero lontano da casa e mi sono reso conto che non era più solo un gioco, che le aspettative si sarebbero alzate, i gol sarebbero diventati importanti e i punti decisivi”.
Ma David è un giocatore duttile e tecnico, che rende bene sia sulla trequarti che come seconda punta. E infatti, di gol pesanti, ne ha segnati: “La tripletta con il Pro Piacenza non ancora ventenne mi rimarrà impressa a vita, anche perché ci giocavamo la salvezza”.
E’ proprio Piacenza una delle piazze a cui è ancora legato: “Il primo anno partivamo con otto punti di penalizzazione e nessuno scommetteva su di noi.
Contro ogni aspettativa invece abbiamo azzerato il gap e concluso alla grande la stagione. Mi ero affezionato così tanto all’ambiente che sono rimasto anche l’anno dopo”. Si affeziona anche a Forlì e soprattutto a Mantova, dove i tifosi si oppongono appassionatamente alla sua cessione”.
Oggi David indossa una maglia granata, che non c’entra col Torino, ma col Milano City FC, squadra del capoluogo lombardo in Serie D: “Ho ricevuto qualche offerta dalla Serie C, ma non mi hanno convinto.
La dirigenza di questo club invece, mi ha dato l’impressione immediata di un progetto ambizioso e serio. La rosa è competitiva e anche se abbiamo iniziato con due pareggi e un sconfitta, lavoreremo bene insieme per correggere gli errori”.
Nuova squadra, ma stesse qualità in campo; anche se sulle spalle, curiosamente, non porta il dieci: “L’aveva già scelto il capitano, Neto Pereira, ed era giusto che lo tenesse lui. Così ho optato per il 23, che è la somma della mia data di nascita e di quella di mia madre”.
David è legato alla sua famiglia in modo indissolubile e quando gli chiediamo dei progetti per il futuro, risponde così: “Intanto voglio imparare a giocare a tennis; e poi ho un grande sogno: creare una famiglia che alla base abbia gli stessi valori di quella in cui sono cresciuto io”.