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Data: 16/03/2018 -

Dal Foggia dei miracoli al Rolex di Spalletti, Petrescu si racconta: "Luciano è il miglior allenatore in Serie A. Zeman mi ha rovinato la schiena"

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Gli anni successivi all’esperienza russa, l’allenatore rumeno li vive prima negli Emirati Arabi e poi in Cina, toccando con mano i movimenti calcistici in costante crescita nell’ultimo decennio, forti di una grandissima potenza economica alle spalle. Soprattutto il mondo cinese sembra essere avanti anche rispetto a quello europeo per un aspetto in particolare: “C’è più voglia di investire rispetto all’Europa non solo negli acquisti ma anche nelle infrastrutture e soprattutto negli stadi. Sinceramente penso che lì ci siano stadi migliori rispetto all’Italia e la Spagna, ma sono probabilmente superiori anche a quelli che hanno in Germania o in Portogallo, dove ci sono stati gli Europei. Può esserci una sorta di competizione solo con quelli inglesi, che si rinnovano costantemente e restano un grande spettacolo”.

La differenza sostanziale tra le due esperienze è da identificare nel maggiore seguito che il calcio cinese riesce a creare: “Negli Emirati Arabi ed in Qatar c’è la stessa voglia di investire ma manca lo stesso seguito, lì giocavamo in questi stadi ultramoderni senza un vero tifo a sostenerci, mentre in Cina non c’erano mai meno di 50 o 60mila spettatori paganti. Proprio questo calore è il motivo per cui il calcio cinese ha una marcia in più rispetto al semplice aspetto economico”.

Dal punto di vista tecnico invece lo sviluppo in Cina è ancora in corso, ma si è messo sulla strada giusta grazie all’aiuto di allenatori e dirigenti che hanno scritto la storia di questo sport: “Ogni anno il campionato cresce sempre di più, non solo per la qualità degli stranieri ma anche per quella dei calciatori locali: conosco degli atleti cinesi che potrebbero tranquillamente giocare dovunque qui in Europa. Qualche mese fa - prosegue Petrescu - anche Cannavaro è arrivato in una grande squadra, quel Guangzhou che domina ogni anno il campionato, e raccoglie l’eredità di allenatori che hanno vinto il Mondiale come Lippi e Scolari. In più sono convinto che anche gli stranieri possano crescere lì e sono stato davvero contento di vedere un amico come Paulinho arrivare fino al Barcellona, dove sta facendo una grande stagione”.

Dopo aver spiegato perché secondo lui manca ancora molto al vedere un talento cinese imporsi in Europa - “Il livello già ora non è lontano, ma rispetto a calciatori coreani come ad esempio Son del Tottenham, che per me è un vero fenomeno, molti cinesi semplicemente vengono pagati molto di più senza doversi allontanare da casa” - è il momento di analizzare la sfida di domenica lo vedrà affrontare la sua Steaua nel big match del campionato rumeno, con un commento anche sulla struttura di quest’ultimo: “Non può ancora essere la partita decisiva della stagione perché a causa dell’incredibile regolamento del campionato qui in Romania, ora abbiamo soli 2 punti di vantaggio invece dei 4 che avevamo meritato durante l’anno (alla fine del campionato infatti le 6 squadre migliori iniziano un nuovo torneo con i punti dimezzati ed arrotondati per eccesso). Mancano ancora 9 partite e non possiamo pensare neanche con una vittoria che il campionato sia definitivamente chiuso. Affrontare la Steaua sarà sempre un’emozione particolare, sono cresciuto in quella società e la porterò sempre nel cuore, ma da professionista farò anche di tutto per batterla”.

Per ora Petrescu si dice convinto nel rimanere ancora a lungo sulla panchina del CFR Cluj, ma non esclude un possibile futuro in Italia: “Sono stato contattato più volte per un posto da allenatore soprattutto in Serie B. Ricordo che Spinelli - presidente del Genoa quando ci militò Petrescu - mi offrì la panchina del Livorno quando ero in Russia, ma non ne ero convinto fino in fondo e feci una scelta differente. In futuro è sicuramente qualcosa che vorrei provare, così come magari un’esperienza in Inghilterra, ma lo farò solo quando mi sentirò pronto: non voglio partire per stare via un anno e dover immediatamente tornare indietro, ho bisogno della certezza di un progetto che mi coinvolga”. E chissà che dopo aver girato tutto il mondo non sia proprio la Serie A la destinazione finale, per costruire definitivamente il suo ciclo vincente anche in Europa.

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