Chiamateli scherzi del destino se volete. Baci della sorte, se preferite. Ciò che è certo è che la vita di questo ragazzino è destinata ad essere speciale. Diciassette anni l'età di Moise Kean, un "bambino" in mezzo ai giganti della Serie A che, però, alle spalle ne ha già tante. Una vita difficile, segnata dall'abbandono del padre e da una madre che sconfigge la miseria con la forza dell'amore. Anni duri, con il rap, l'hip hop e la playstation a rappresentare gli unici momenti di evasione. Le banane fritte e l'attiekè anche, il calcio soprattutto. Già, quel pallone che Moise si divertiva a calciare contro il muro dell'oratorio. Perché quello è l'oggetto più prezioso per lui, così tanto che gli deve sempre tornare indietro, senza mai allontanarsi. Anche per questo è arrivato così in alto, ad esordire in Serie A e in Champions a soli 16 anni, a segnare il primo gol della sua vita nel calcio dei grandi a 17, come mai nessuno aveva fatto prima. Ci riesce il 27 maggio, a Bologna. Entra ad una decina di minuti dalla fine e al 94' regala la vittoria alla Juventus. Tre punti che contano poco per i bianconeri. Fondamentali, invece, per lui. Già, perché in tribuna al Dall'Ara non ci sono solo sua madre e suo fratello, ma anche Filippo Fusco, il direttore sportivo del Verona. Quel ragazzone dalla faccia pulita e dalle movenze da grande lo convince subito, quel tanto che basta per tirare fuori dalla tasca della giacca il cellulare e digitare i numeri di Marotta e Paratici. "Ma Il suo idolo è Balotelli" dicono alcuni, "E' una testa calda" sostengono altri. Pazienza, è forte e deve giocare.
E poco importa se, quasi quindici giorni dopo, Moise conosce per la prima volta gli svantaggi di essere diventati famosi troppo presto. Da Bologna a Reggio Emilia, dal Dall'Ara al Mapei. E il 7 giugno dell'anno passato, si gioca Fiorentina-Juventus, semifinale Scudetto del campionato Primavera. 1 a 1 il risultato nei tempi regolamentari, si va ai rigori. Quello che doveva essere il suo torneo diventa il suo peggior incubo. L'errore dal dischetto, infatti, è clamoroso: un cucchiaio che Cerofolini, il giovane portiere viola, blocca senza esitazione, una figuraccia che non solo causa l'eliminazione dei bianconeri, ma che in pochi minuti fa anche il giro del web. Kean diventa la barzelletta dei social, lo bersagliano tutti, accusandolo di presunzione e superficialità. Lui esce dal campo con la testa china, consapevole di averla fatta grossa ma desideroso di riscattarsi quanto prima.
E il campione, si sa, reagisce sempre. Ecco, dunque, l'ultimo giorno di mercato, con il suo contratto che viene depositato in Lega appena in tempo. Ad accoglierlo, appunto, il Verona. Pecchia si affida coraggiosamente alla voglia di spaccare il mondo di un ragazzo che la Serie A l'ha appena assaggiata. E lo preferisce ad un certo Pazzini, eroe della promozione e attaccante che certi campi li ha calcati eccome. L'inizio è difficile, perché l'approccio alla massima serie del Verona è traumatico. Lui non si scompone e, da buon juventino, castiga Torino e Milan. Poi oggi il cerchio che si chiude, proprio contro quella Fiorentina che, solo sei mesi fa, lo aveva gettato in un incubo. Doppietta in un Franchi che lo applaude al momento dell'uscita, due reti che permettono al Verona di passeggiare a Firenze e di portare a casa i tre punti, oltre a quelle risposte che la piazza reclamava a gran voce. 7 giugno 2017 - 28 gennaio 2018, dal Mapei al Franchi, dalla Fiorentina Primavera alla Fiorentina dei grandi. La "vendetta" di Moise Kean, la rivincita di Fusco e Pecchia. Il bello viene adesso .