Grande lo è sempre stato. A partire dai primi anni della propria infanzia: a quota dieci, il metro e 90 era già infatti quota ampiamente raggiunto. Tanto da spingere i dirigenti avversari, ai tempi delle sue prime parate con il Club Napoli Castellammare, a chiedere una verifica sull’età del ragazzo: 25 febbraio 1999 stampato su carta d’identità ed “inchiostrato” sul tesserino, a chiarire ogni possibile dubbio. Per chi solo sei anni più tardi sarebbe diventato, in un grigio pomeriggio milanese qualsiasi, il più giovane portiere titolare esordiente in Serie A, intraprendendo la strada per diventare gigante.
Da quel 25 ottobre 2015 contro il Sassuolo, in un complemese (passateci il termine) festeggiato come forse mai avrebbe pensato, Gigio Donnarumma ha compiuto passi enormi. Due, per l’esattezza, utili a superare rispettivamente prima e seconda stagione nel calcio dei grandi: quello in cui il ragazzino sbarbato con il Milan nel cuore, sin dai tempi dell’orologio di Kakà e dei poster rossoneri appesi in camera, si è ritrovato catapultato a difendere la porta della squadra per cui ha sempre tifato. Merito del coraggio di Mihajlovic, di una crescita costante, dei piccoli, grandi segreti appresi in ogni allenamento sostenuto con Abbiati e Diego Lopez: padri calcistici dai quali Gigio, tra passaggi di consegne più o meno sotto i riflettori, ha ereditato ruolo e chiavi di Milanello, restando tra i pochi superstiti della rivoluzione totale post passaggio di proprietà societario.
Da sorpresa a certezza. Come ogni piacevole abitudine, goduta da un calcio capace di trovare un tesoro tra i pali, il modo di guardare Donnarumma è inevitabilmente mutato: un po’ di barba in più per figurare meno bambino, superstar di ogni bambino anche nel ruolo di “Paperumma”, protagonista di un’estate tormentatissima per forgiarne il carattere e farlo passare, come in ogni tipo di situazione scomoda da affrontare, anche per momenti complicati. Quelli che Gigio prima non aveva mai vissuto, capace di opporre all’emozione di un upgrade enorme la personalità di chi, inevitabilmente, potrà diventare campione: 18 anni e non sentirli, almeno in porta e a livello di pressione, dove più conta. Perché entrare in ogni questione contrattuale, a chi ama solo ed esclusivamente parlare di campo, interessa il giusto: “Dollarumma”, Raiola e le voci sull’arrivo al Milan del fratello Antonio alle spalle, con l’unico obiettivo di guardare al futuro prendendo (anche) spunto dal passato.
Questione di istantanee, indelebili e ben impresse in mente: i voli su Khedira e Memushaj per cancellarne capolavori, il riflesso su Krejci nella folle gara di Bologna, il rigore parato a Dybala, per contribuire con mano al primo trofeo vinto. Nonchè il penalty cancellato a Belotti, ritrovando per la prima volta Mihajlovic da avversario: scherzo del destino al quale Gigio si è prestato eccome, elemento decisivo di una maturità rimandata tra i banchi di scuola e già raggiunta in porta. Aspetto che lo ha portato a vestire la maglia della Nazionale, al fianco del suo idolo Buffon, in attesa di un passaggio di testimone ormai sempre più vicino…
Dal 25…al 25, insomma: data di nascita, crescita e svolta. Innamorato sin da piccolo dei guantoni e di una porta da difendere, guardando zio Enrico e gli allenamenti con “frate” Antonio, arrivando sino a stasera: il “Bentegodi” come teatro del secondo anniversario dal debutto in Serie A, sempre nel segno delle difficoltà per il suo Milan. Da Mihajlovic a Montella, per 87 volte a proteggere i pali di quella che è diventata la sua porta: trasformandosi da Grande a Gigante. "G" comune per quel Gigio divenuto, per tutti, prodigio.
