“Cosa volevi fare da grande?”. Avete presente quando qualcuno ci fa questa domanda e spunta quell’aria divertita nell’elencare le professioni più disparate? Il poliziotto, l’astronauta, la cantante e chi più ne ha più ne metta.
Se uno fin da piccolo ha la passione per il disegno e per il pallone? Cosa sceglie? Facile, entrambi: sono questi i binari su cui Pierpaolo Curti, ex calciatore, pittore (e scultore) e allenatore, ha fatto correre la sua vita da quando ha realizzato che non avrebbe potuto scegliere rinunciando a uno dei due. Esordisce a 16 anni al Cavenago Fanfulla (squadra che la scorsa stagione ha portato alla promozione in Serie D dalla panchina), arriva alle giovanili del Milan (in una partitella con la maglia rossonera segna il famoso gol, seppure non ufficiale, che beffa niente di meno che Franco Baresi), e quando le prospettive si intensificano vi rinuncia: “Dovevo ridimensionare il ruolo del calcio perché la pancia ha detto dipingi!”. E allora eccolo lì, oggi allena la Pergolettese - squadra di Crema che milita nel campionato Dilettanti - e dopo quattro giornate i punti sono 12,“Non ce lo aspettavamo nemmeno noi - racconta Pierpaolo Curti a gianlucadimarzio.com - anche perché il gruppo si è formato pochi mesi fa”.
Arriviamo al centro sportivo Bertolotti un po’ prima che finisca l’allenamento perché vogliamo vedere con i nostri occhi come lavora un allenatore che oltre al cronometro e al fischietto tiene in mano la matita e i pennelli. In campo tutti si divertono e la partitella che si avvia alla conclusione sembra essersi giocata tra amici di vecchia data e non tra ragazzi che quest’estate non si conoscevano nemmeno. Oggi invece sono lì e guardano tutte le squadre avversarie dall’alto in basso, ma dietro questi successi ci sono dei segreti. “Servono fiducia, positività e tanta energia, non per vincere, ma per lavorare nell’ambiente più sano possibile. La creatività legata all’arte mi aiuta a inventare esercizi sempre nuovi e il mio bagaglio artistico è fondamentale all’approccio verso qualsiasi esperienza, perché l'arte ti migliora innanzitutto come persona”.
Eccole lì, arte e calcio che si mescolano in modo spontaneo e naturale: Curti dipinge al mattino dopo aver portato le bimbe a scuola e tende a lasciare il calcio sul campo e l’arte nel suo studio perché “Quando sto con la mia famiglia mi dedico alle cose della famiglia. Certo, tornassi indietro riprenderei in affitto quel piccolo studio dove ho iniziato a dipingere, ma rinunciare al professionismo nel calcio è stata una scelta dolorosa”. A proposito di segreti. “Per ottenere il meglio dai miei ragazzi uso la metafora delle 34 porte: le partite che dovremo affrontare sono come 34 porte, dobbiamo aprirle una alla volta e cercare di portar via tutto quello che c’è dietro, non importa se non saranno sempre tre punti”.
Poco alla volta si fa largo la percezione che la figura dell’artista sia completamente diversa da quella dell’allenatore perché mentre nei quadri spiccano colori freddi, scenari asettici e l’assenza quasi totale di soggetti umani, in campo si diffondono leggerezza, entusiasmo e un fortissimo spirito di gruppo. “I miei quadri non devono essere presi come angoscianti o tristi, ma come punto di partenza riflessivo: l’arte dev’essere libera di essere interpretata”. La libertà è per lui la condizione indispensabile dell’arte ma anche della gestione di uno spogliatoio: “Non sono certo io a dover dire loro cosa mangiare, cosa fare nel tempo libero e come comportarsi. Servono una coscienza personale e una collettiva, servono degli esempi da seguire”.
A proposito di esempi da imitare. “Di bandiere nel calcio non ne esistono più tante”, ed i nomi che fa evocano pezzi di storia del calcio e leggende viventi: Maldini e Del Piero (parola di juventino doc come Curti). Messi lo vede come modello di riferimento e non mette neanche in ipotesi un paragone con Cristiano Ronaldo.
Ma è tempo di botta e risposta. Gli allenatori che stima di più? “Guardiola e Montella, con cui lavorerei volentieri”.Lo sport che avrebbe praticato al posto del calcio invece è il ciclismo, “Non quello dopato e spinto così all’estremo, ma sulla bicicletta mi vedevo bene”. Il derby per eccellenza? “Quello del mio campionato in primis, anche se il derby per eccellenza è Milan - Inter”. Difesa solida o calcio spettacolo? “Possesso palla”.
Ma, in tutto ciò: se arrivasse una chiamata per una squadra di serie A, direbbe no come disse no al professionismo da calciatore?. Ride e poi risponde: “Non potrei perché non ho il patentino!!!”, ma poi si fa serio aggiungendo che oggi le cose sono diverse. “Ci penserei su parecchio, ma a differenza della dolorosa rinuncia alla carriera da calciatore, oggi qualsiasi scelta sarebbe fatta nella massima serenità. E comunque l’unica panchina su cui al momento voglio sedermi è quella della Pergolettese".
Pierpaolo Curti ha una risposta approfondita e articolata per ogni domanda che gli viene posta, sa esattamente come tirare fuori il meglio dai ragazzi che allena e ha ben chiari gli strumenti che servono per aprire tutte le porte da qui a fine stagione.
Continuerà a dipingere in solitudine, a esporre le sue creazioni in giro per il mondo (i suoi quadri hanno visto gallerie d’arte in Brasile Germania e Russia e in questo momento una mostra li ospita a Spoleto) e a riversare gli uni negli altri gli elementi delle passioni che lo guidano. Ah, chi vince lo scudetto? “Ovviamente la Juventus, mentre in Champions sono indeciso tra Bayern e City.
Frida Kahlo diceva che non bisogna soffermarsi dove non si può amare: oggi abbiamo conosciuto chi ha preso alla lettera questo aforisma e nelle scelte di vita si è fatto guidare dall’amore; che fosse per i pennelli per le scarpette o per i ragazzi che oggi allena non conta. Sempre di amore si tratta.
Alice Nidasio