Una cameretta come le altre, “senza poster” ma con molti palloni. E’ così che è cresciuto, Massimo Oddo. L’amore per il calcio ereditato dal papà, ex calciatore e “malato per il pallone”. Un’infanzia passata in Abruzzo, prima della chiamata del Milan: “Ero dilaniato: da una parte c’era la voglia di cavalcare un’opportunità incredibile, di inseguire un sogno e dall’altra la rinuncia alla propria adolescenza”. Ai microfoni del Corriere dello Sport, l’attuale allenatore dell’Udinese ha ripercorso la propria carriera, iniziando proprio da quegli anni nel settore giovanile rossonero: “Quello era il Milan vincente di Capello, di Costacurta, Baresi, Van Basten. Gli facevamo i cross… si imparava molto”. Sarebbe stato solo l’inizio di una carriera che, anche con l’Italia, lo avrebbe portato sul tetto più alto del mondo. Germania 2006, Mondiale alzato al cielo: “Un momento stupendo, la corporazione di un sogno”. Ora, il ruolo da allenatore “Fare il calciatore ti regala delle emozioni enormi. Da allenatore vivi l’andamento della tua squadra con un peso addosso che è cento volte superiore. Perché sei il responsabile di tutto”. Con l’Udinese, un inizio entusiasmante e una voglia ancora più grande di continuare a fare bene: “Noi come l’Atalanta dello scorso anno? Può essere, in questo momento si respira un positivo entusiasmo. Barak e Fofana? Hanno tutte le potenzialità per diventare giocatori di alto livello”.
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