Iniziamo da com’è finita. Con i cori. Dalla curva sud ad Alisson. Un filo forse mai così diretto tra i tifosi giallorossi ed il portiere brasiliano. Da vice di Szczesny a titolarissimo. In campionato e in Coppa. Sempre lui. Anche ieri sera contro l’Atletico Madrid che ci ha provato in ogni modo a segnare almeno un gol all’Olimpico. Alisson però diventa muro e dispensa parate decisive quanto gol. Quelle da far alzare gli spettatori dai seggiolini o dalla poltrona: prima su Vietto, poi nega la gioia a Correa, infine si supera ancora su Saul in pieno recupero, quando subito dopo anche il palo dà una mano al numero uno brasiliano. Artiglieria pesante. E sono solo tre delle 9 che ha dovuto effettuare nei 90 minuti dell’Olimpico, più di qualsiasi altro portiere impegnato ieri sera. Ma a sentire lui… “Non ho fatto niente di più che il mio lavoro. Entro in campo per non prendere gol”. Normale amministrazione, insomma.
Anche se i complimenti si sono sprecati a fine gara. “Determinante” per Di Francesco, “un grande” secondo Pallotta. “Ha fatto tutto lui” ha chiuso Simeone. Sì, in una partita in cui la Roma non è riuscita a far gol, il massimo è stato proprio Alisson che ha permesso ai giallorossi di non prenderne. Infatti questo 0-0 non ha nessun retrogusto amaro ma solo il dolce di aver fatto capire davvero ad ogni tifoso della Roma il valore di Alisson. E sì, si parla comunque del portiere titolare del Brasile… Paradossi del calcio.
Tutta ‘colpa’ del suo ruolo di secondo di Szczesny l’anno scorso. Poco spazio con Spalletti, Di Francesco invece gli ha consegnato le chiavi della porta giallorossa. “Ce lo teniamo stretto”, ora una consapevolezza, qualche mese fa poteva essere una frase tutt’altro che scontata. Infatti il pensiero di lasciare Roma l’ha sfiorato eccome: “Se non avessi avuto la certezza di giocare avrei chiesto di partire. Questo è l’anno principale della mia carriera”. Un anno Mondiale. Obiettivo troppo grande, ambizioni troppo alte per vedere il campo solo in poche occasioni ed assistere al campionato dalla panchina. Poi nuovi stimoli, certezze. Una chiacchierata con Monchi per fargli capire quanto fosse centrale per il progetto di questa Roma. Ed ora che si è preso i pali giallorossi, il gigante Alisson (non solo per il metro e 91 di altezza) non ha deluso nell’esordio nella fase a gironi di Champions League. Proprio nella settimana in cui Szczesny ha esordito in bianconero in campionato. Passaggi di testimoni, porte girevoli. Ma Alisson ne era sicuro: “Le persone impareranno a conoscere il mio lavoro”. Già, perché dalla sua bocca non è uscita nessuna lode per le prodezze della serata; a questo ci hanno pensato i vari Di Francesco, Simeone, Pallotta e soprattutto i tifosi intonando il suo nome come si fa per il bomber più decisivo. Per lui invece, resterà sempre normale amministrazione. “Non ho fatto niente di più che il mio lavoro”…