La sua grandezza e unicità è direttamente proporzionale agli attestati di stima e ai messaggi d’affetto presenti da ore sul web, poche parole da parte di chi lo ha conosciuto, ammirato, sfidato ed invidiato condividendone la stessa passione per il calcio. Johan Cruijff è scomparso all’età di 68 anni ed il mondo del calcio ne piange la scomparsa consapevole di aver perso un pezzo di storia importante. Lo sa Alessandro Del Piero, ad esempio, che su Twitter scrive: “Grazie Genio”, con tanto di foto per ricordare l’ex campione ed allenatore olandese. Lo sa Franz Beckenbauer, che si dice “scioccato” perché – si legge – “Cruijff non era solo un buon amico, era come un fratello per me”.
Per Fabio Capello, avversario di mille battaglie sia in campo che in panchina, “è stato il più grande giocatore europeo di sempre, era quello che faceva la differenza. Due giocatori mi hanno impressionato: lui e Charlton perché inventavano ed erano anche leader. Cruijff – dice Capello – era un uomo di grande carisma, aveva fantasia, velocità. In Spagna, da allenatore, ha portato un modo di giocare che si coniugava perfettamente con il loro stile. Ha portato gioia, ma con ordine”. Nel ’94 Capello umiliò il suo Barcellona nella finale di Coppa dei Campioni: “Avevo un bellissimo rapporto con lui, comunicavamo sempre in spagnolo ed è sempre stato un piacere stare con lui a parlare di calcio”, ricorda Capello, che ai microfoni di Sky Sport torna a parlare della finale del ’94: “Ci caricarono le parole che ebbero quando entrarono in campo alla vigilia per la rifinitura, si sdraiarono col pallone sotto la testa come se fosse un cuscino, erano sicuro della vittoria e questa presunzione la pagarono cara. Quel Barcellona era una buonissima squadra ma in quella partita non riuscirono a fare quello che avrebbero voluto fare”.
“Io ho perso un amico, un grande uomo”, spiega Michel Platini: “Lo ammiravo, era un giocatore eccezionale, il miglior calciatore di tutti i tempi”. Un po’ quello che si dice di Diego Armando Maradona, che sul suo profilo Facebook saluta così Cruijff: “Non ti dimenticheremo mai, Flaco…”. Joseph Blatter ha spiegato che “Cruijff ha dato al calcio qualcosa di unico che alcuni stanno ancora cercando di copiare”. L’ex presidente della FIFA ha aggiunto: “Sono molto scosso, è un uomo straordinario, ha inventato il calcio totale con Michels”. Di quel calcio totale giovano anche – e soprattutto – le nuove leve, come Paul Pogba, classe ’92, che sul suo profilo Instagram ha scritto: “Rest in peace legend Yohan Cruijff”, con tanto di foto che lo ritrae col campione olandese. AncheLuis Suarez, altro campione attuale, ora al Barcellona ed ex Ajax, come l’olandese, ricorda su Twitter Cruijff: “Grazie per tutto quello che hai dato al calcio, all’Ajax e al Barcellona”.
Da un campione all’altro, come il brasiliano Romario, che ricorda una frase celebre di Cruijff quando allenava il Barcellona: “Se oggi mi segni due gol, ti concedono qualche giorno libero, così andrai a Rio per il Carnevale. L’eroe dei Mondiali Usa ’94 ci riuscì in venti minuti, poi chiese il cambio. Oggi ricorda così, su Facebook, il suo ex allenatore: "Mi sono svegliato con la triste notizia della morte del mio amico Cruijff. Ho avuto il privilegio di averlo come allenatore ai tempi in cui giocavo nel Barcellona. Lui è stato il miglior tecnico che ho avuto e i suoi insegnamento resteranno eterni nella mia vita. Oggi il calcio ha perso una sua icona e io un grande amico”. Dura la vita da mediano, specialmente quando l’avversario era l’olandese. Ne sa qualcosa Lele Oriali: “Quando me lo ritrovai di fronte – spiega l’ex Inter -, Cruijff era all’apice della carriera, stava cambiando il calcio per sempre: aveva 19 anni, sapete tutti come andò a finire. Era impossibile da marcare”.
“Ho incontrato e provato a marcare Cruijff nella finale di Coppa Campioni ’69, ma lui era un altro tipo di attaccante rispetto a Pelè: rompeva ogni schema e non ci si capiva più molto”. Lo ha detto Giovanni Trapattoni all’Ansa: “Era universale, sulle orme di Di Stefano non attaccava solo lì davanti ma andava a prendersi la palla lontana: era tutto e non era niente, non c’era un ruolo per lui, era l’antitesi della tradizione”. E ancora: “Da allenatore mi sono poi spesso dovuto confrontare con quel calcio. Solo con Sacchi – conclude – il calcio italiano ha virato verso la strada indicata da Cruijff”.