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Data: 05/04/2016 -

"Cucchiai parati e...polpacci!". Inzaghino, il primo allenatore: "Lo inseguivo per il campo quando si mangiava troppi gol"

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Lo chiamavano “Ciccione”. Oppure “Ragioniere”. Voglia di allenarsi? Poca, poca. Garantisce Gianfranco Luporini, detto “Lupo”. Allenatore, mentore, quasi un padre per Simone, fratello di Pippo. Ah, Inzaghino. O Simoncino. 40 anni proprio oggi. Insomma, quel “capellone” che allena la Lazio. Non più in Primavera, ora i grandi: “Ha personalità, idee, motivazioni. Contento per lui, se lo merita. E’ bravo”.

Chiacchierata con Luporini, che su GianlucaDiMarzio.com si lascia andare. Ex allenatore di Simone Inzaghi nel Piacenza, quand’era ancora ragazzino. Aneddoti, tanti. Ricordi ancor di più: “Simone mi è rimasto nel cuore, l’ho allenato tra Allievi e Primavera. Poi l’ho seguito in tutti i suoi giri per l’Italia: Carpi, Novara, Brescello. Fino a quando Gianpietro Marchetti e Beppe Materazzi lo inserirono in prima squadra. Esordì con la Lazio, segnò di testa. Evidentemente era destino…”. Già, finì 1-1. Inzaghino scoprì la Serie A. E viceversa.

“Lupo” era lì, allora come oggi. Il primo Inzaghi, com’era? “Lo chiamavo Ciccione, era una cosa tra noi. Ho talmente tanti aneddoti che potrei scrivere un libro”. Luporini parte in quarta: “Se giocavamo contro la Juve allora giocava da solo, con le altre squadre era diverso. Esempio? Contro il Modena stiamo vincendo 5-1, a 2’ dalla fine lo cambio per proteste. Senza incazzarmi, gli dico “Simo, domenica contro la Reggina parti dalla panchina”. Lui mi guarda e fa “Mister, so che mi metterà in campo e segnerò”. Accadde esattamente questo. Mi rispose con “te l’avevo detto”. Ah, Simone…”.

Ride, ricorda, è un fiume in piena: “E’ cresciuto a pane e pallone, un ragazzo pulito e per bene. Innamorato del calcio! Lui e Pippo erano legatissimi. Mi impressionava una cosa poi…”. Ah, sì? Quale, quale: “Durante le trasferte si avvicinava a me, a quei tempi già facevo l’osservatore per conto del Piacenza. Mi diceva “mister, hai visto quello? E quell’altro?”. Già da giovanissimo, neanche 18enne, conosceva tutti! Purtroppo era un po’ superficiale, in allenamento non sempre si allenava bene. Però in campo si trasformava”.

E in panchina, ripropone queste doti? “Certo, vedendo giocare la sua Primavera si vede la mano dell’allenatore. I ragazzi sono preparati sotto il profilo tecnico, certamente. Ma te ne racconto un’altra…”. Spara! Ormai è un aneddoto continuo: “In attacco, negli Allievi, faceva coppia con Marcello Campolonghi. Mi ricordo che contro il Genoa c’era un rigore per noi, solita discussione su chi doveva battere…”. Non un novità per Inzaghino, che contro la Samp litigò con Di Canio per tirare dal dischetto. Tutto risolto poi, Paoletto segnò. Ma al tempo: …glielo parano! Poi sia lui che Campolonghi si avventarono sulla ribattuta, fecero talmente tanto casino che tirarono la palla fuori”.

Finita qui? Macchè: “Durante la finale di un torneo calcia col cucchiaio, il portiere la prende. Accade anche con la Lazio, si fece parare un rigore da Taibi perdendo credibilità (la Lazio vinceva 2-0 ndr). Insomma, quella partita lì giocavamo contro il Milan, avevamo il dente avvelenato. Vinciamo 1-0, ma Simone si sarà mangiato almeno 18 gol per tentare giocate alla Messi. Lo inseguì per tutte le colline circostanti e per il campo(ride)! Simone era questo, un facilone buono, non riuscivi ad incazzarti. Ma si merita tutto quello che ha avuto”.

Sorride, ridacchia sotto i baffi. La tentazione, però, è veramente troppo forte. Riapriamo il libro per l’ultimo aneddoto: “Lo andavo a vedere a Brescello, quella con d’Astoli fu un’annata particolare. Al 20esimo sono sopra 2-0, doppietta di Simo. Vedo che però la panchina si muove, allora dico al mio amico vicino a me “ora lo cambia, sostituisce il Ciccione”. Allora gli urlai dalla tribuna di stare tranquillo, perché sicuramente avrebbe fatto qualche stupidaggine. Meno male che andò bene”.

Tanti giri, poi l’esplosione a Piacenza: 15 gol in A e via, dritto alla Lazio di Cragnotti. Anche qui, però, l’immancabile retroscena: “Dopo qualche tempo che si trovava a Roma mi arriva una telefonata di Danilo Pileggi, ex allenatore nelle giovanili della Lazio”. Ah, che disse? “Lupo, ci puoi spedire i polpacci di Inzaghi? Sono rimasti a Piacenza!”. Fisico da mingherlino. Ride ancora, poi continua: “Calciava rigori e punizioni, già allora si prendeva le sue responsabilità. Per la sua carriera deve ringraziare la testardaggine di Gianpietro Marchetti, ex ds del Piacenza. Dopo anni non positivi ci credeva ancora. Noi ci fidavamo. Poi nel ‘98 rubò il posto a Rizzitelli e alla prima giornata fece gol”. Proprio contro la Lazio. Ah, il destino. Ora nuovo step: inizia l'era Inzaghi. Si parte.



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