Finisce dove tutto era iniziato, non più di un paio di settimane fa. Stessi protagonisti, stesso film e trama ancora tutta da stabilire, tra qualche idea ben definita e una nuova, possibile sorpresa. Nella finale di Copa America a East Rutherford, lunedì, sarà ancora Argentina-Cile: come il 7 Giugno scorso e come un anno fa, nella finalissima di Santiago, quando fu proprio l'allora seleccion di Sampaoli ad alzare il trofeo davanti al pubblico di casa.
Dici Chicago e vedi, subito, Chile: stessa radice e firma sulla serata dell'Illinois tutta per la squadra di Pizzi. Addio Colombia, travolta da 10 minuti difensivi iniziali folli e da una marea roja che, ancor prima della tempesta abbattutasi nell'intervallo, ha letteralmente travolto la nazionale di Pékerman. Fracaso cafetero a forti "tinte italiane", con Cuadrado, Zapata e Murillo protagonisti in negativo di un avvio da incubo: prima l'assist di testa involontario dell'ormai ex Juve a favorire il facile tap-in di Aranguiz, poi la totale immobilità dell'asse difensivo colombiano (soprattutto con Fabra) sul raddoppio, analogo per conclusione, di Fuenzalida, bravo a raccogliere un tiro di Sanchez respinto dal palo.
Non sono servite nemmeno le oltre due ore di pausa prolungata a metà tempo causa maltempo, ad uno spento James e compagni, per potersi rimettere in partita, penalizzati anche dalla prematura ed ingenua espulsione di Carlos Sanchez in avvio di ripresa. Pesante rinfrescata atmosferica ma non mentale per una squadra imprecisa, confusionaria e mai troppo pericolosa dalle parti di Bravo, capace di gestire insieme ai suoi con ordine e tranquillità i timidi tentativi avversari. E la notizia è che anche senza Vidal, squalificato e incontrastato leader del gruppo di Pizzi, i ragazzi della Roja hanno dimostrato di essere cresciuti ancor di più: ritmo ben controllato a centrocampo e una generale sensazione di essersi lasciati alle spalle le ruggini dei primi match, mai troppo brillanti e chiusi con qualche fatica di troppo a differenza del clamoroso 7-0 al Messico, rivelatosi la svolta per il prosieguo della competizione.
Discorso ben differente si può e deve fare, invece, per la Colombia di Pékerman: l'exploit di due anni fa al mondiale in Brasile, chiuso con una sfortunata eliminazione ai quarti, è ormai un lontanissimo ricordo, e le ultime due edizioni della Copa America disputate dai cafeteros hanno mostrato una squadra sì con qualche pezzo pregiato in meno, ma anche con un volto ed un atteggiamento in campo ben differente da quello conosciuto in precedenza. L'inattesa esclusione odierna di Bacca dall'11 titolare ha penalizzato la seleccion in termini di pericolosità in area di rigore, con Martinez spesso chiamato ad uscire dagli ultimi 15 metri per dialogare con i compagni e lasciare sostanzialmente libera, e priva di pericoli per gli avversari, la zona gol: ma l'impressione principale è che sia stato James Rodriguez, capitano e uomo simbolo della sua seleccion protagonista assoluto proprio nell'ultima competizione mondiale, l'uomo che è più mancato al momento decisivo ai suoi. Tanta voglia di lottare e dare tutto ma altrettanta, inusuale imprecisione nella rifinitura per uno da elevatissima qualità come El Bandido, seguito sulla falsa riga da un gruppo che non ha mai troppo brillato nelle precedenti uscite.
Pizzi o Sampaoli che sia, invece, il discorso non cambia in casa cilena. Almeno fino al raggiungimento della 6° finale nella storia, con un remake dell'ultima edizione della Copa alle porte che stavolta vede, più che mai, l'Argentina come enorme favorita alla vittoria. Vincere e convincere: un binomio che ora, alla seleccion del Tata Martino, sembra essere vicino alla sua concreta realizzazione. Ma serve ancora uno step, quello della revancha: per scrivere una trama stavolta a tinte albiceleste, proprio come nella prima partita del girone. Cambiando per davvero il finale di un film che, tempesta Roja permettendo, potrebbe forse finalmente sorridere a Messi e compagni.