Le maledizioni sono così. Alle volte no, non ci pensano proprio a lasciarti andare. Quella del MetLife Stadium, per l'Argentina, è la notte delle maledizioni. O, meglio, delle maledizioni nella maledizione. Sì, perché indovinate un po' cos'è successo... Dal 5 luglio scorso è passato quasi un anno ormai, ma sembra che l'Albiceleste abbia compiuto un percorso nullo. Lo stesso susseguirsi di eventi, lo stesso destino, lo stesso finale.
Centoventi minuti non sono bastati a decretare la squadra vincitrice della Copa America tra l'Argentina e il Cile, e allora eccoli di nuovo, che ritornano, come uno spettro: i calci di rigore. Che fosse una maledizione, forse, lo si poteva intendere già nel primo tempo. Perché Gonzalo Higuain ha disputato un gran torneo, ma quell'errore tutto solo davanti a Bravo sapeva tanto di presagio. Questa è la sua di maledizione, dopo il penalty sbagliato lo scorso anno. La maledizione della finale.
E che invece non era una partita come tutte le altre lo si era inteso dalle due espulsioni nei primi quarantacinque minuti, Diaz da un lato e Rojo dall'altro: chiaro segno di una partita maschia, ricca di calci, dove tutti volevano vincere e alla fine alzare quel trofeo. Il tempo che scorre via veloce, senza grandi palle gol. Col dominio dell'Argentina, ma senza quel colpo decisivo che sarebbe servito. Ah, quanto sarebbe servito! E invece no: né Higuain, né Banega, né Di Maria, né Messi.
Messi, sì, il fuoriclasse. Quello che con il Barcellona vince tutto, a livello individuale vince tutto, ma con la Nazionale no, si dimentica come si fa. E' la sua maledizione, più di tutto. Quanti gol spaziali ha segnato la Pulga? Cosa sarà mai segnare un rigore... E invece no, perché nella lotteria finale l'errore fatale è anche il suo. Prima il suo, poi quello di Vidal (tra i migliori in campo) a pareggiare i conti. Alla fine, però, lo sbaglio che più di tutti pesa è quello di un 'italiano': Lucas Biglia, che spara addosso a Romero. Una notte da déjà vu, proprio come l'anno scorso. Alla fine Silva realizza l'ultimo tiro dal dischetto e manda in estati un intero Paese.
Il Paese che forse, quest'anno, ci credeva davvero poco. Quel Cile che ha vissuto un ricambio generazionale niente male nell'ultimo anno, da Sampaoli a Pizzi e con tanti giocatori che l'anno scorso c'erano e quest'anno no. Chi se lo sarebbe aspetto, eh? Il Cile campione, ancora una volta. Per la seconda volta consecutiva, per la seconda volta nella sua storia. L'anno scorso era in casa, quest'anno negli Stati Uniti, ma forse quest'anno è ancora più bello. Inaspettato. Il trofeo è loro, di quella Roja che ha fatto rossi gli argentini. Di quella Roja, di questa Roja, che la storia l'ha scritta e riscritta nell'arco di due anni.