Una otra vez. Un’altra volta, una contro l’altra, ancora Argentina e Cile a contendersi la Copa America. Ma questa è speciale, è l’edizione del Centenario, che si gioca nei mastodontici impianti degli USA, palcoscenico come pochi al mondo in quanto a capienza degli stadi. La storia della competizione ha già visto la rivincita in due edizioni consecutive: nel 2004 e nel 2007 l’albiceleste aveva ceduto sotto i colpi del Brasile, prima ai rigori e poi con un secco 3-0, senza appello. Stavolta sono Argentina e Cile a riconfermarsi ai vertici del calcio al di là dell’oceano. E nelle ore che precedono la finale, le nazioni interessate vivono l’attesa in maniera diametralmente opposta.
Romai Ugarte, conduttore del programma En El Nombre del Futbol per CDF, un’emittente cilena, ci racconta l’euforia della capitale. “In questi giorni non si respira a Santiago per l’ondata di fumo. La gente prima delle partite arrostisce per strada l’asado, l’arrosto, che si prepara prima che giochi la roja” spiega emozionato. L’aggregazione è un momento fondamentale in Cile, quando la nazionale è pronta a scendere in campo. “I datori di lavoro concedono permessi regolarmente se la sera c’è la partita, bisogna vederla tutti insieme: si soffre e si gioisce in gruppo. Questa nazionale ha creato un’affezione particolare, fin dal Mondiale U20 del 2007 in Canada: in quella squadra ci sono tanti calciatori che ora sono nel pieno della maturazione calcistica" continua a spiegare Romai. Ed è facile indovinare chi eliminò il Cile in semifinale, in quell’occasione: l’Argentina, che vincerà il titolo, batté i cileni 3-0.
La finale vinta l’anno scorso, tuttavia, ha dato al popolo la consapevolezza di poter contare su una nazionale talentuosa, che può puntare in alto. “Abbiamo vinto la Copa, ora siamo in finale di nuovo, siamo pronti a far bella figura anche in Russia ai prossimi Mondiali. Non vediamo l’ora di scambiare el desayuno (colazione) con laparrilla (barbecue) per seguire la roja dall’altra parte del mondo” racconta il giornalista. Tutta questa fiducia non è mai venuta meno, ma i cileni non hanno mai pensato di essere più forti dell’Argentina. “Restano favoriti, ma l’anno scorso li abbiamo battuti e adesso le squadre non sono così diverse. Troveranno di fronte una nazionale irriverente, che non ha paura di combattere. Abbiamo bisogno di vincere ancora per rendere più importante una tra le migliori generazioni di calciatori cileni di sempre. Saremo guerrieri!” conclude fieramente Ugarte.
Direttamente da La Plata, capitale della provincia di Buenos Aires, Federico Cejas (giornalista di Diez Mas) descrive un’attesa più posata, come se il Cile rievocasse i brutti ricordi dello scorso anno. “Sinceramente, non c’è un persona che non sia convinta di potersi prendere una rivincita, stavolta. Dopotutto, siamo più solidi ed esperti, siamo imbattuti e non abbiamo dimenticato per niente il modo in cui abbiamo perso lo scorso anno” esordisce Cejas, che non nasconde un pizzico di rabbia. Gli argentini appaiono quasi schivi, silenziosi. “Con i cileni c’è sempre stata rivalità, ma la gente resta tranquilla, per le strade non c’è ancora nulla. Domenica, però, si stanno organizzando tutti per radunarsi e vedere la partita” continua Federico. Insomma, tutti pronti ad esplodere, dopo la tensione raccolta in questi giorni. Perché saper vincere non è sempre una prerogativa delle squadre più forti.
In pieno stile sudamericano, anche a La Plata nessuno vedrà la partita nel proprio appartamento. “Le finali si vivono radunati tutti insieme nei locali della città” racconta il periodista. E quando si parla del giocatore più atteso per gli ultimi novanta (o centoventi) minuti della Copa, Cejas non ha dubbi: “Ci aspettiamo una doppietta del Pipita Higuain: deve essere anche la sua rivincita”. E allora così, l'attesa è questa. Argentina-Cile, a voi due.