Taxi, finiti. “Troppa richiesta”. Evento più unico che raro per una cittadina di 285 mila abitanti, la decima dell’Inghilterra in quanto a popolazione. Come lo sappiamo? Semplice, Google. Ma occhio però: è la seconda voce quella che si deve cliccare e su cui fare affidamento. La prima si riferisce alla squadra di calcio, dei campioni in carica della Premier.
Qualcuno preferisce camminare, qualcun altro si piazza sopra il tettuccio della - propria? Impossibile - macchina e schiamazza come se non ci fosse un domani. Strade affollatissime e non solo perché è sabato notte. “We won this fucking League”. “Abbiamo vinto questa ca… di Premer League”. Il ragazzo che me lo urla a squarciagola sembra piangere. O meglio: stava piangendo sul serio. “Guarda qui” e capisco subito il perché di quelle lacrime di gioia. “Questo è mio padre, io sono quello a destra: avevo 5 anni”. Entrambi con la maglia blu oceano del Leicester addosso, l’amore della loro vita. La donna di sempre. Che per la prima volta nella sua storia è #Champion. Il concetto mi viene ribadito forte e chiaro da un signore sulla cinquantina che qualche minuto prima avevo notato dentro un locale a ballare come se ne avesse avuti venti. “Italiano, sa sai con chi stai parlando? Stai attento. Stai attento perché stai parlando con uno che ha vinto la Premier. Con un #Champion”. Passa qualche minuto e ‘Billy’ - il suo nome - riprende lucidità fino a commuoversi. “Ti rendi conto cos’ha fatto Claudio Ranieri da Roma? Ha reso felici delle persone, ci ha fatto piangere. Poteva benissimo allenare squadre del livello di Fiorentina oppure il Napoli. Però lui è qui con noi: ha riscritto la storia di questo club”. Vie pienissime: ingorghi, bandiere e trombette. Pavimento appiccicoso dall'alcol. Chi sgasa la propria auto d’epoca, chi batte contro i cartelloni stradali. "So I’ll start the revolution from my bed” canta Leicester, fan degli Oasis. Ma la playlist è tanto varia quanto aggiornata. “We are the Champions” non può essere che la sua più dolce ninnananna.