C'è chi lo dava per finito, ma Simone Pepe ha saputo zittire tutti. Quindici presenze e tre gol in campionato per l'esterno romano che negli ultimi tre anni, complice l'infortunio, ne aveva totalizzate quattordici in tutto con una sola marcatura. Pepe spiega, sulle pagine de La Gazzetta dello sport il significato della sua particolare esultanza: "Mimo il putt del golf. Uno sport che mi prende e che mi appassiona sempre più. Tranquilli, voglio ancora giocare due, tre anni. Mi diverto tanto. A 32 anni e mezzo i tanti vecchi del Chievo mi hanno mandato in mezzo nel torello, non accadeva da tempo, ma l’ho fatto senza problemi... Il golf, però, ti conquista, ti rilassa. E’ esattamente l’opposto di quel che fa un calciatore: ti devi aggrappare a te stesso, non c’è contatto fisico e trovi la serenità. Ma ci vogliono tempo e costanza. Punizioni? Io ho un solo modo di calciare, a giro, Pirlo è incredibile". Alla Juventus anni indimenticabili: "Sì. Ho giocato, vinto, sofferto. Ma sono stati anni belli. Conte è strepitoso, mi ha insegnato più di tutti. Venivamo dal settimo posto e ci ha fatto giocare un calcio fantastico. Io la Juve continuo a vederla come favorita anche se il Napoli è molto forte, l’Inter può giocarsela e la Roma di Spalletti può rientrare".
La voglia di essere sempre tra gli undici iniziali è l'iniezione di stimoli quotidiana: "E chi non vorrebbe. Ci alleniamo per quello. Qui siamo tanti vecchietti, ma mi sono accorto che l’esperienza conta. C’è tanta gente che gioca in Serie A da 20 anni. Gol? Mi hanno risollevato il morale. Ma qui il clima è buono, usiamo ancora le carte che tengo nello zainetto del ritiro. E il segreto è che non si molla mai, si lotta sempre. Sono felice di questa scelta. Inizialmente sognavo un ritorno a Udine, ma per vari motivi, anche di lista, non è stato possibile. Il Chievo si è fatto avanti ed è stata una bella occasione per rilanciarmi. Voci sulla droga? Mi ha fatto male perché ho due figli, Rebecca di 3 anni, e Cristian di uno, che ora sono piccoli, ma crescono. Mia moglie Agnese, con la quale sto da quando ero ragazzino ad Albano Laziale, mi è sempre stata vicina. Emi sono fatto forza col detto di mia nonna: 'Muore più gente d’invidia che di infarto' ".