Febbraio 2011, la prima insieme. La Juventus di Delneri che cade a Palermo, il Barbera che si trasforma nel teatro del terzo ko consecutivo. Un esordio non memorabile per la coppia Barzagli-Chiellini, 90 minuti che - otto anni dopo - rendono l’idea di quanta strada sia stata percorsa. Dall’inferno alla maglia celebrativa con il numero dei titoli consecutivi in bella mostra.
Sono rimasti gli unici testimoni di un record impensabile. Otto titoli di fila, in pochi hanno saputo fare meglio. Agguantati Giovanni Ferrari, Giuseppe Furino e Virginio Rosetta. Altre epoche, altro calcio. Davanti a loro è rimasta solo una persona che conoscono piuttosto bene. Si chiama Gigi Buffon e con la Juventus ha vinto nove tricolori. Da Parigi li avrà visti festeggiare con il sorriso. Lui sa quanto è stata dura rinascere.
Otto anni fa esisteva un’altra Juventus. Non c’erano lo Stadium e il nuovo logo. Ronaldo giocava nel Real, Dybala guadagnava 4mila pesos annui all’Instituto. Allegri vinceva il suo primo campionato con il Milan. Adesso è a quota sei, solo uno in meno di Trapattoni. Deve molto a Chiellini e Barzagli. I primi a festeggiare nelle vittorie, gli ultimi a cadere nelle giornate storte.
Un destino che li accomuna, due punti di partenza completamente diversi. Chiellini, in più, ha una fascia al braccio. Sì, perché il suo viaggio è partito da lontano, dalla Serie B. Lui, tornato dal prestito alla Fiorentina un anno prima di Calciopoli. L’esordio contro il Messina, il “cinque” dato a Nedved che ora festeggia da dirigente. Le prime partite da terzino sinistro con Capello, poi Deschamps che lo sposta al centro in coppia con Legrottaglie.
La sofferenza dei due settimi posti, un leader che nasce quando intorno è tutto buio. La stagione del primo scudetto con Conte è la sua settima a Torino. E’ il momento della liberazione, della luce dopo la tempesta. Per questo nella festa di Trieste è fra i più scatenati. Fra i pochi a non scappare davanti all’invasione di campo dei suoi tifosi. Che lo prendono in braccio, che lo toccano come se fosse una reliquia. Un sorriso largo come le sue spalle, gli occhi lucidi di chi non si stanca mai di vincere in Italia, perché sa quanto è costato.
Sempre la stessa espressione. Come nel 2014, l’anno del quinto scudetto, del primo trofeo alzato da capitano (la Coppa Italia) e delle 300 presenze in bianconero. Diventate 400 contro l’Atalanta nella stagione successiva. 500 nella grande notte europea con l’Atletico Madrid. Nella top ten dei più presenti con la maglia della Juventus c’è anche il suo nome. Lui che da bambino amava i Lakers di Kobe Bryant e sognava da cestista. Lui che ha otto scudetti alle spalle e una laurea magistrale in economia. Lui, il King Kong da oltre 20 infortuni in nove anni ma che non smette di lottare.
Smetterà, invece, Barzagli. Che è un po’ più anzianotto e che ha vissuto una stagione tormentata. Un filo di tristezza, perché si chiude una delle pagine più belle della sua vita. Tanto orgoglio nel guardarsi indietro. Un anno fa fu il primo ad abbracciare Buffon nel giorno dell’addio, ora sta a lui godersi il calore dei compagni. A cui, dopo ogni vittoria, portava qualche bottiglia del suo Faro. Muraglia in campo, uomo spogliatoio quando i muscoli lo hanno costretto a tifare dalla panchina o dalla tribuna.
A Torino è arrivato forte degli insegnamenti di Magath al Wolfsburg. Da campione del Mondo. Un punto di arrivo per tutti, di partenza per lui. Il vero Barzagli nasce dopo il trionfo di Berlino e alla Juventus trova la propria consacrazione. Ne ha vissute tante in questi otto anni. E’ diventato papà di Camilla, ha sposato la sua Maddalena. Ha scoperto una fame che non pensava di avere. Lui che, dopo il primo scudetto, non riesce a staccare e ad andare in vacanza perché ne vuole vincere subito un altro.
Ha conosciuto anche il dolore. Quello al polpaccio per esempio, a cui si opera nel 2014. Una fitta atroce, che gli impedisce perfino di andare in bagno da solo e che lo spinge ad ipotizzare il ritiro. Arriverà adesso, ma avrà tutto un altro sapore. Non potrà eguagliare Buffon, ma poco conta. “Eh Giorgio, ma cosa abbiamo fatto?” Sembra chiedere a Chiellini a fine partita. Lui e il compagno di mille battaglie in mezzo al campo. Camminando verso la curva. Verso un record storico.