Fiori d’arancione. Valiani, 40 sul campo: “Da Pistoia a Pistoia”
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Data: 29/10/2020 -

Fiori d’arancione. Valiani, 40 sul campo: “Da Pistoia a Pistoia”

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Compie quarant’anni un calciatore che si è costruito tutto col sudore e col sorriso. Tra gol sotto la nord - a Pistoia e a San Siro – e ricordi di una gioventù infinita. “Avrei pagato da bambino per arrivare così nel 2020”
Compie quarant’anni un calciatore che si è costruito tutto col sudore e col sorriso. Tra gol sotto la nord - a Pistoia e a San Siro – e ricordi di una gioventù infinita. “Avrei pagato da bambino per arrivare così nel 2020”

Dicono che un uomo possa avere due volte vent’anni, senza averne quaranta. Mentono. Il tempo passa e non puoi fregarlo. Lascia tracce, morali ed estetiche. Una testa sempre più lucida e una barba con fili d’argento. Le voci di due bambini che portano il tuo cognome o semplici sfumature sul viso della donna che ami e con cui sei cresciuto. Non possiamo decidere il quando, ma possiamo stabilire sempre il dove. “Sono tornato a vivere nella casa di quand’ero bambino, ma non ho trovato i soldatini allo stesso posto. Questa è la mia differenza con  Manuel Agnelli”. Ritorno a casa è una meravigliosa canzone degli Afterhours, il gruppo preferito di Francesco Valiani, centrocampista della Pistoiese. Oggi, come vent’anni fa.

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È tornato nella sua casa, a meno di un chilometro dallo stadio in cui continua a correre. Adesso ha la fascia da capitano, ieri – secondo millennio - una sciarpa intorno al collo. Oggi è una bandiera arancione, ieri la sventolava in curva nord. Anche quando giocavo in Primavera, già spesso aggregato alla prima squadra, di nascosto andavo in curva con lo striscione. Quel ‘forza vecchio cuore arancione’ ripetuto 700 volte era più di un coro. Nella nord c’era anche l’attuale sindaco – Alessandro Tomasi - che chiamavamo Baresi (per una somiglianza estetica). Faceva parte dell’ala più moderata della curva, mica come noi”.

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Ride Francesco. Non era un incendiario a vent’anni, non è un pompiere a quaranta. “Al massimo qualche miccetta in tasca. Quelle le conservo ancora, ma nell’altra mano ho la bottiglietta d’acqua”. Saggezza da neoquarantenne. Da capitano di un gruppo di giovani in serie C “che mi piace osservare per scoprire come crescono. Anche consigliarli ma senza mai mettermi su un piedistallo. Cerco di essere un esempio sul campo ma mi piace vedere tutti coinvolti. È bello essersi guadagnato la fascia, ma conservo lo stesso entusiasmo di quand’ero bambino. Forse di più. Ho il sorriso di chi sta ancora giocando”.

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SOTTO LA NORD, DA PISTOIA A SAN SIRO: “IL GIORNO PIÙ STRALUNANTE DI TUTTI”

Sperare che potesse succedere davvero era solo un sogno quando da ragazzino giocavo nelle vie del centro. In via della Misericordia Vecchia, accanto al…caffè Valiani (il locale storico della sua famiglia che tra undici anni ne compirà 200. La longevità è di casa… ndr). È l’angolo preferito della mia città, fra i tanti”. Da quella stradina, calciando contro muri e a volte vetrine, è iniziato il suo viaggio.

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Prima con la maglia viola dell’Us Ramini, poi con quella arancione: “Il primo gol con la Pistoiese lo segnai a Padova, nel 2003. Un’emozione enorme . C’era Mazzarri allenatore che volle tenermi a tutti i costi senza mandarmi in prestito. Fu importante per la mia crescita. Poi  ancora più incredibile fu segnare qualche settimana dopo sotto la curva nord”.

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La sua prima volta, 19 aprile 2003: Pistoiese- Alzano 3-0. Tra gli avversari di quel giorno Giovanni Stroppa, oggi allenatore del Crotone e Luca Percassi, che ora guida da dietro la scrivania l’Atalanta. Il primo boato nel suo stadio, così diverso dai rumori attenuati di corredo alla sua ultima rete, due settimane fa: Pistoiese-Piacenza, con Frustalupi – storico vice di Mazzarri – in panchina a guidarlo. “C’era anche 17 anni fa, ma faceva il collaboratore dalla tribuna”. La gioia sotto una curva vuota, vestita di un unico striscione a lettere cubitali: “Forza vecchio cuore arancione”

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Incroci di un destino che ha fatto il suo giro, passando attraverso 150 presenze in serie A. Con un debutto indimenticabile. A San Siro, nel 2008, contro Ronaldinho e Shevchenko. Prima giornata: Milan-Bologna 1-2, gol decisivo - da trenta metri di Valiani – a dieci minuti dalla fine. Guarda caso, sotto la nord: “È stato il giorno più stralunante della mia carriera. Ovunque mi girassi in campo, c’erano dei fenomeni che non avevo mai affrontato. San Siro strapieno spingeva per il secondo gol del Milan. Poi arrivò quella palla e beh ci andai convinto. Lo stadio si ammutolì. Sentii un sottile boato che veniva dall’alto. Erano 4mila bolognesi impazziti nel terzo anello: guardai lassù e rimasi incantato con le braccia aperte verso di loro. Incredibile: quella notte dopo le interviste, i messaggi, le telefonate, tornai in albergo e mi addormentai vestito”.

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“QUEL TAMPONAMENTO DOPO IL GOL AL MILAN”

Ma fra le mille telefonate del dopo partita, una restò storica. Protagonista la sua compagna Sara - oggi moglie di Francesco  e madre dei loro Tommaso e Niccolò – ma all’epoca semplice fidanzata in trasferta insieme a due amici di Valiani. “Ero ancora negli spogliatoi e non riuscivo a prendere la linea perché chiamavano tutti. A un certo punto, riesco a sentirla. Io ero già pronto alla celebrazione ma lei mi risponde con un mezzo scocciato ‘Eh, dimmi’. A quel punto le faccio ‘Pensa se non avessi fatto gol come mi rispondevi!’. Potevo mai immaginare che li avessero tamponati all’uscita di San Siro? Erano lì a fare il cid”.

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Quel gol all’esordio non ha graffi sulla memoria. È la prima cosa che tutti ricordano di lui, dimenticando spesso che c’è un altro gol a San Siro. Sempre sotto la nord. Quello di un’altra vittoria storica, la prima del Siena a Milano: 23 settembre 2012, Inter-Siena 0-2. “E soprattutto segnato di testa contro il mio amico Samir Handanovic, con cui ho passato momenti splendidi a Rimini. Un po’ gliel’ ho fatto pesare, ma perché gli voglio bene. Del resto ci stava di subirlo da uno della mia stazza…”.

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Quel Siena purtoppo andò sull’orlo del fallimento e retrocesse, fermando a 5 anni consecutivi – Bologna, Parma e Robur - la corsa di Valiani in serie A. Forse il suo unico rimpianto: “Mi dispiace un po’ non essere riuscito a restare nella categoria in cui ero arrivato. Tante cose non si sono incrociate nel modo giusto, ma non mi sento di averne grandi colpe. Si vede che doveva andare così. E magari se le cose fossero andate diversamente, non avrei avuto l’occasione di tornare a Pistoia”.

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VALIANI & FRIENDS

Il calcio gli ha dato comunque tanto. Anni di successi a Bari, Latina e Livorno, ma anche e soprattutto amicizie andate oltre le mura di uno spogliatoio. “La cosa di cui vado orgoglioso è essere riuscito negli anni, senza ruffianerie, essere riuscito a farmi tanti amici veri. Ragazzi che spesso erano più felici di me quando le cose mi andavano bene. Gobbi, Dainelli, Diamanti, Alessandro Lucarelli, Collacchioni e Moscardelli sono gli amici calcistici con cui ho un rapporto speciale. Ho condiviso con loro vacanze e legami impossibili da spiegare”.

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Talmente forti da andare oltre i campanili. L’eterno derby Prato-Pistoia è stato sempre al centro degli scherzi con Alino Diamanti, pratese doc: “Un continuo. Con Alino è così su tutto. Quella battuta che fece dopo gli Europei del 2012 sui pistoiesi? Vabbé, perché è invidioso di noi…”.

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Poi ci sono gli altri. Quelli di una vita, “come il Gallo, il Tona e il Banchi. I quattro amici al bar, da sempre” e quelli incontrati lungo la strada “tipo Gianluca Voulaz, con cui ho condiviso – insieme a Gobbi – un concerto leggendario degli U2 in Canada” o vicini di casa diventati amici fraterni “come Samuele e Christian Marcogiuseppe, con cui condivido anche la passione dei motori. Quello che sarebbe potuto essere il mio piano B”.

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“L’ARANCIONE MI HA SEMPRE RIPORTATO A CASA”

Ma alla fine, all’alba dei 40,  siamo ancora al piano A. Anche perché “mia moglie Sara quando accenno qualche discorso mi stoppa subito. Per lei sono ancora il migliore, così mi dice. E a dire la verità, io sto benissimo. Spero di essere io a dire basta, senza farmelo dire. Poi dopo chissà. Ora mi vedo più come dirigente o altro addetto ai lavori che come allenatore, ma ne ho visti passare tanti che facevano questo discorso. Mi godo ancora il campo e le sensazioni che mi dà vestire quella maglia così inconfondibile. Per tutta la carriera, anche quando ero lontano da Pistoia, vedere qualcosa di arancione mi riportava a casa. Alla mia città, che lasciai bella e che ho ritrovato bellissima”.

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Francesco Valiani è al suo secondo anno alla Pistoiese. Ci è tornato dopo 14. Ne ha appena compiuti 40 e chissà per quanto andrà avanti. “Se dovessi scegliere una colonna sonora, direi ancora Afterhours: Non è per sempre. Perché comunque lo so che prima o poi il tempo va accettato. Ma con calma. Avrei pagato da bambino per arrivare così al 29 ottobre del 2020. E festeggiare i 40 anni ancora col pallone tra i piedi.”

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Ha lo stessa passione di questa foto qui sopra. Lui e un suo amico al bagno Alice in Versilia, tutto il giorno intorno al brasiliano Socrates che, tra una birra e l'altra, parlava al tavolo con alcuni giornalisti. Diceva di non voler andarsene, mentre Agroppi non lo voleva più. Ad ascoltarlo, per sette ore, anche un giovanissimo Alessandro Bonan, riconoscibile da un ciuffo notevole. 
Sono passati un po' di anni, ma non serve averne due volte 20. Basta vivere ogni allenamento come quel bambino cerchiato in viola. O appassionarsi come quel tifoso col cerchio arancione intorno. Basta essere Francesco Valiani.



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