Primo anno in Inghilterra: vittoria della Premier League, record di 30 vittorie in campionato e finale di FA Cup con l’Arsenal da giocarsi domani. Mica male no? Questa è stata la prima stagione di Antonio Conte al Chelsea che in un intervista concessa al Corriere della Sera racconta quello il suo primo anno in Inghilterra: “Sinceramente neanche io mi aspettavo un inizio così. Mourinho aveva fatto la storia, ma il Chelsea veniva da un 10° posto e i problemi c’erano. Un sacco di persone, me le ricordo, erano dubbiose sul fatto che io potessi portare qui il mio metodo. Che non è maniacale, ma studiato, ragionato. La vittoria non cancella le difficoltà però soddisfa ancor più me e la squadra. I soldati vanno in guerra, ma se non vogliono andarci è impossibile avere un buon generale. Cosa ho imparato? Ho scoperto una pazienza che non pensavo di avere: mi sento più completo, migliore”. Domani la finale di FA Cup, sperando in un ‘Double’ che sarebbe storico: “A inizio stagione non ci davano neppure tra le prime quattro, ora c’è la finale, ma partiamo sfavoriti. Abbiamo vinto la Premier, potremmo essere già sazi e non avere la stessa fame dell’Arsenal che con la FA Cup salva la stagione. La fame è fondamentale”.
La chiave delle vittorie: “Non contano solo le motivazioni, quelle ti fanno vincere una partita. Avere una buona organizzazione tattica è predominante, è ciò che ti porta al successo. La motivazione però può sovvertire il pronostico”. Per gli inglesi Conte è ‘The Master of Tactics’: “Mi riconoscono la passione genuina e di aver portato qualcosa di diverso. Il Chelsea è la prima squadra a conquistare il titolo giocando a tre dietro”. Battuto anche il Manchester di Mourinho con cui c’era stato un diverbio: “Noi siamo animali da campo, durante la partita sono pronto a far tutto per far vincere i miei. Parto dal presupposto che lì, sul terreno di gioco, la regola è: morte tua, vita mia. Non c’è scampo. L’importante è che ci sia rispetto. Finita la partita, finito tutto”. Una battuta anche sul presidente Abramovich: “Al primo incontro mi disse: ‘voglio un’identità per la mia squadra, gli altri devono riconoscerci’. Vuole essere coinvolto sempre. La settimana in cui abbiamo perso con l’Arsenal è stato qui tre giorni interi a vedere allenamenti e a parlare con me”. Inevitabile un riferimento alla prossima stagione: “Stiamo progettando il futuro. Quest’anno avevamo una base di 13-14 buoni giocatori, l’anno prossimo con la Champions dobbiamo aumentare la rosa nei numeri e nella qualità. La base ora c’è, bisogna metterci le ciliegine”. Futuro al Chelsea quindi: “Ho ancora due anni di contratto, dimostrano di apprezzarmi, condividono le mie idee e il mio progetto. Quando vai di pari passo nella costruzione di alcune cose sei abbastanza sereno. E non è questione se Abramovich mi accontenta.... Nel mio percorso di allenatore non mi hanno mai dato chissà che. Magari uno chiede, ci sono altri che sono bravi non solo a chiedere ma anche a farsi accontentare. Io chiedo, ma devo imparare la via giusta per farmi accontentare. Sotto questo punto di vista devo crescere molto. A chiedere sono bravi tutti, i fenomeni sono quelli che ottengono. Qui c’è condivisione di un progetto, sanno che la rosa va rinforzata”.
Dopo Ranieri Conte è stato il secondo allenatore italiano a trionfare in Inghilterra: “La nostra è una grande scuola. E mi riempie d’orgoglio che abbia vinto Massimo Carrera in Russia. Ma una cosa è allenare in Italia, un’altra all’estero: non è da tutti”. Un dubbio era: chissà se Conte ha la flessibilità mentale per adattarsi: “Tutti ricordano sempre i miei tre scudetti con la Juventus. Il mio percorso è stato però sempre lo stesso. Negli ultimi 6 anni, quando ho iniziato la stagione e cioè Bari, Siena, Juventus e Chelsea, ho sempre vinto. E con la Nazionale siamo usciti ai quarti ai rigori. Eppure c’è sempre stato un sottofondo”. Quale sottofondo? “C’è sempre stato un ‘Conte è bravo, però...’ “. C’è sempre stato un “però...” e non ho mai capito perché. La verità è che per uno che ama fare con la sua testa e non scende a compromessi ci sarà sempre un però. Diventi una persona difficile da gestire. “È bravo, però... ha vinto solo in Italia”. Adesso ho vinto in Inghilterra e diranno: ‘È bravo, però... vediamo se si riconferma’. Oppure: ‘È bravo, però... deve dimostrare in Champions’. Io la Champions l’ho fatta con la Juventus che era agli albori”.
La Champions è un traguardo per cancellare il però? “Non devo cancellare nessun però, viene da gente invidiosa che non ha mai vinto nulla e mette un però su un percorso netto”. Si parla poi della famiglia: “Con mia moglie abbiamo preferito aspettare i primi sei mesi. A gennaio si sarebbe dovuta trasferire, ma non volevamo far lasciare la scuola a metà anno a mia figlia. L’anno prossimo la famiglia si trasferisce”. Sulle possibilità dell’Italia contro la Spagna: “Un gruppo con Buffon, Chiellini, Barzagli, Bonucci, Marchisio ha una base importante. Stanno crescendo buoni giovani e Ventura è l’uomo giusto. E Donnarumma è un predestinato”. Tante proprietà straniere in Serie A: “Non bisogna avere pregiudizi, ma chi arriva faccia le cose in modo serio”. Infine su Totto: Se corpo e mente gli rispondono ok ed è pronto ad andare al campo ogni giorno, perché smettere? Anche perché quando finisci finisci, non si torna più indietro”.