"I club conoscono le regole del fair play, altrimenti gliele ricorderemo noi. Non importano dimensione e storia: se non le rispetteranno ne subiranno le conseguenze”, è categorico Aleksander Ceferin: il fair play va rispettato. In una lunga intervista a La Gazzetta dello Sport, il numero uno della Fifa ha ammesso: “Non faccio nomi di club, il principio riguarda tutti e non soltanto per il fair play. Ronaldo ha detto che fuori dal campo accado cose folli? Cose abbastanza folli, sì. I prezzi dei trasferimenti si sono moltiplicati incredibilmente. Ma è il mercato. Non esistono business senza limiti. Noi siamo contenti del prodotto calcio, che è fantastico, aumenta i ricavi e distribuisce utili. Il problema vero sono i soldi che escono dal sistema”. Come le percentuali per gli agenti: “Sono troppo alte. Siamo ottimisti: tutti gli sport hanno problemi”.
Immancabile un commento sul Psg e sull’acquisto di Neymar: “Non faccio nomi. Spero soltanto che tutti i club abbiano capito le regole. Però gli scenari cambiano e dobbiamo adattarci anche noi. Il passaggio record di Zidane dalla Juve al Real, in fondo, vale quello di Neymar oggi. Serve qualche accorgimento: quello che succede può essere un’occasione. Avremo bisogno della Fifa”. Ma come può cambiare il fair play? Ceferin risponde così: “Platini e Rummenigge erano andati alla Commissione Ue per chiedere del salary cap: impossibile, gli avevano risposto. Credo che i politici siano spesso negativi per ragioni elettorali. Ora andremo noi a Bruxelles. Sul tavolo ci sono salary cap, luxury tax e non solo: penso a limiti ai prestiti, perché un club non può prestare trentenni se non per controllare il mercato, e perché ci sono società che hanno più di 100 giocatori sotto contratto. La prima è un’italiana. Qualcosa faremo anche senza l’Ue. Non potremo avere il consenso di tutti, ma grande sostegno sì”.
Dopo uno sguardo al mercato, ecco i complimenti per Andrea Agnelli: “Andrea mi piace molto come persona e professionalmente. Giovane, istruito, competente. Non lo considero un collega ma un amico. Mi piace gente dalle larghe vedute: possiamo non essere sempre d’accordo, ma con lui si trova sempre una soluzione”. Peccato, invece, per la finale persa a Cardiff: “Sono rimasto male per Buffon: merita l’unica coppa che manca alla sua grande carriera”.
Dal 2018 spazio alla nuova Champions: “Avevo criticato che le federazioni l’avessero scoperta dai media, non il contenuto. L’importante che tutti possano partecipare. Poi siamo realisti: i cinque grandi Paesi portano l’86% del fatturato e ricevono il 60%. La prossima Champions ridurrà i posti per le piccole, ma ai piccoli andranno più soldi. L’Italia ci ha guadagnato? Sì, perché era tra le prime quattro del ranking. Gli italiani sono bravi, professionali, competenti e storicamente hanno grandi capacità diplomatiche nel mondo”. Chiosa finale dedicata ai certificati medici presentati nelle ultime settimane da vari giocatori e alla questione sicurezze negli stadi: “Certificati? Non è bello e sta succedendo troppo spesso. A volte dovremo proteggere i club e non i giocatori La sicurezza è una questione chiave, ma ci pensano i governi. Mi spaventa di più il terrorismo: noi possiamo pensare allo stadio, non alle città. Abbiamo creato un’unità di sicurezza che dialoga con la polizia, ma l’Europa non è sicura di questi tempi”.