Antonio Cassano si racconta, come al solito senza peli sulla lingua o giri di parole. Lo fa ad un ex compagno di squadra, Olivier Dacourt, ai microfoni di Canal Plus. L'infanzia, le svolte e gli errori, la consapevolezza e le mancanze: il flashback di Cassano inizia dai primi calci al pallone dati nei vicoli di Bari vecchia, mentre con sua madre lottava contro la povertà. Quella vera: "Fino a 17 anni ho vissuto la fame nel vero senso della parola. Mia madre non lavorava, era casalinga, e guadagnavamo 3-4mila lire al giorno: con quelle dovevamo mangiare. Giocavo per la strada, tra i vicoletti, e naturalmente c’erano le persone più grandi che mi sceglievano, io guardavo chi mi dava mille lire in più o in meno potevo farlo perché ero il più forte di tutti. Non avevo soldi, mai visti nella mia vita: dicevo ‘scegli me, ti faccio vincere’ e ogni giorno giocavo in strada, per guadagnare qualcosina. La mia grande occasione è sempre stata il calcio, all’epoca mi aveva portato a vivacchiare perché per me duemila lire in un più o in meno facevano la differenza".
Fino a quando gli si sono aperte le porte del calcio, quello vero. Che gli ha cambiato la vita: "Quel Bari-Inter. Avevo 17 anni, era la partita che poteva
cambiare la mia vita in tutto e per tutto, farmi diventare ricco, famoso
e anche bello. Il calcio fa diventare tutti belli”. E in effetti la sua vita cambia, perché in pochi anni si ritrova alla Roma e poi al Real Madrid. Qui cominciano i rimorsi: "Ero
nel club migliore della storia, avrei potuto restare a lungo e vincere
molto, avrei potuto fare la storia del calcio. Invece ho seguito il mio
istinto e ho fatto i miei errori, un allenatore non mi ha fatto giocare,
l’ho insultato, ma la mia storia era iniziata bene con il Real. Dovevo
sostituire Figo e Owen, due palloni d’oro, il che significava che ero un
grande giocatore anche se avevo 23 anni. A Madrid ho incontrato due dei
più grandi campioni di tutti i tempi, Zidane e Ronaldo, il fenomeno.
Molti avrebbero pagato per giocare in quella formazione. Ma a volte non
giocavo e mi lamentavo, un giorno Capello mi ha sostituito e gli ho
detto di tutto nel tunnel degli spogliatoi, l’ho insultato in italiano e
in spagnolo, senza motivo. Dopo un anno di discussioni con tutti, ho
lasciato”. Sarebbe potuto cambiare qualcosa, forse? Sì, la risposta di Fantantonio: “Penso che se nella vita avessi avuto una persona autoritaria a fianco,
qualcuno come un padre, questo mi avrebbe messo sulla strada giusta”.