Il lungomare di Viareggio è quasi deserto, normale da queste parti quando l’estate è ancora lontana. Qualcuno ha approfittato della bella giornata: due passi, un po’ di sole, un gelato. C’è anche una “famiglia nel pallone”, padre e figlio che qui in Versilia si sono ritrovati. “Vi somigliate un po’?”, domanda timida. “No no, è tutto sua madre” risponde subito papà Alessandro. Cognome? Mannini, al suo fianco il figlio Daniele che in A ha giocato con Napoli, Siena e Sampdoria e che adesso ha ritrovato la felicità a casa sua. Viareggio la città dell’infanzia, Pisa quella di adozione: qui, Mannini è tornato da due stagioni per ricominciare a correre dove era cresciuto. Il nerazzurro è il colore che lega padre e figlio, perché anche i ricordi più belli di papà Alessandro sono legati tutti al Pisa. Ci sediamo nel bar che è di Alessandro Pierini, altra vecchia conoscenza della Serie A. E davanti ad un caffè ed una focaccia i Mannini si raccontano. Senza filtri.
“A Viareggio si sta bene, ma prima ci si stava meglio. Se non ci mette mano la politica siamo in caduta libera…” iniziano all’unisono, innamorati della loro città. Versiliesi di sangue, calcisticamente pisani entrambi. “Un ritorno a casa dove ho cominciato. Dopo il fallimento costato economicamente tre “reincarnazioni lavorative” ho dovuto ricominciare dall’ultima categoria prima dei dilettanti. Lecce, senza infamia e senza lode, poi la fuga con rescissione consensuale per tornare a Pisa. Ascoltavo le male lingue che mi dicevano che ero bollito aspettando di ritrovare la mia situazione ideale: piazza ambiziosa, una società seria, un direttore stra-fiducioso in me ed una persona in panchina che fosse il mio doping mentale. Rispetto, energia ed umiltà: adesso sono di nuovo in pista ed anche se ho 32 anni ho ritrovato il coraggio di parlare di futuro: non so quale, ma penso guardando avanti”. Papà Alessandro sorride, ritrovarlo vicino (e felice) è anche la sua felicità: “Pisa per noi è la città dove siamo cresciuti, un padre lo sente quando un figlio non è pienamente felice. Qui ho tanti ricordi, lui diventò subito il beniamino del pubblico da ragazzino e sapere che sarebbe tornato qui era importante per me”. Con lui, in famiglia, ci sono anche una “bimba di 29 anni” ed un fratello calciatore di 23 anni che gioca tra i dilettanti. “Andiamo a vederlo?” chiede papà Alessandro, “se è un modo per scappare dopo il pranzo di famiglia va bene” scherza Daniele, che poi racconta il suo rapporto con Pisa: “E’ la nostra casa. Quando giocava lui, andavo allo stadio… Ci teniamo tutti a questa realtà, ci siamo legati perché ci ha dato tanto”.
E adesso? Secondi in Lega Pro, con Gattuso in panchina e l’obiettivo concreto di tornare in Serie B. Di mezzo, si è messa una Spal “che corre forte già dall’anno scorso, dal cambio di allenatore. Hanno fatto tanti punti…”, ma che domenica è caduta all’Arena Garibaldi. Gol vittoria? Mannini, cuore nerazzurro e fascia da capitano. “Un gol dal sapore speciale perché qui in casa mancava da tanto”, sorride lui. E con Ringhio? “Mi trovo bene - racconta Daniele - ha dato quella componente caratteriale che non avevo trovato negli ultimi anni nelle figure che mi hanno allenato. Per me è stato facile rapportarmi e andare d’accordo con lui, qualcosa di naturale. Adesso so accettare un punto di vista diverso senza voler convincere l’altro che ho ragione io”. Allena anche papà Alessandro, i portieri del Viareggio. Lui che in porta ci ha passato una vita… e che poi è passato dall’altro lato. Incroci di famiglia? “Un anno abbiamo lavorato insieme, il suo primo al Pisa quando ha cominciato”. E in futuro? Daniele non ci ha ancora passato, “non avrebbe senso ora pensare al domani: mi piace giocare e sto bene, penso solo a quello”. Il papà invece è più romantico, perchè “lavorare insieme è un’esperienza meravigliosa per un padre. Forse per lui…”. “Il rapporto nostro quando avevo 20 anni era diverso - risponde Daniele - però non è mai stato un problema”. E Alessandro chiude con un desiderio: “Lavorare di nuovo insieme sarebbe bellissimo”. Chissà, un giorno, allora… del resto il pallone è questione di famiglia. “Il mondo del calcio è il mio mondo ed ero contento che ne facesse parte anche Daniele” racconta il papà, fermato poi dal figlio che risponde “però non c’è mai stata una spinta a dover giocare a calcio. Si respirava in casa sì, ma c’è una bella differenza: non sarebbe stato un dramma se non avessi giocato a calcio”.
Tra i pali delle porte papà Alessandro c’è stato una vita. Tanto Pisa, poi Bari,Pescara… anche la Fiorentina, compagno di due attaccanti affatto male: Batistuta e Borgonovo. Sul ricordo di Stefano la voce si frena, emozionata: “un ragazzo meraviglioso, ho ricordi splendidi di lui in quell’anno a Firenze. Siamo stati anche in vacanza insieme, un ragazzo di una simpatia e di una bontà incredibile…”. Gabriel invece “arrivò giovanissimo dopo il Mundialito ma già si capiva che era fortissimo, fuori dal normale”. Il più forte attaccante con cui ha giocato? “Sì lui, senza dubbi. Da avversario invece dico Maradona… insieme all’esperienza col Bari, quegli anni in A col Pisa sono i ricordi più belli”. Era il Pisa di Anconetani, “un gran personaggio che ha lasciato un’impronta indimenticabile con niente in mano. Personalmente, è stato molto importante: quando sono arrivato ho iniziato a giocare al posto dell’idolo del momento, Ciappi, e forse non ero pronto. Sembrava che la mia avventura fosse finita, e invece lui mi ha sempre sostenuto e sorretto in quei momenti difficili. E da lì è iniziata la mia carriera, da giocare bruciato in cui Anconetani ha sempre creduto più di me”.
Il rimpianto di Daniele è, col senno di poi, “quel ritiro col Napoli di Mazzarri lasciato per andare al Siena, avrei potuto giocarmi le mie carte però non potevo rifiutare quell’offerta lì”. Ma le sliding doors hanno anche un nome ed un cognome: RobertoBaggio, “lui ha smesso ed io sono arrivato a Brescia”. Il Brescia di Gino Corioni, che Mannini ricorda come l’uomo che “mi ha dato l’opportunità di andare in A”. Quella maglia, Daniele, l’ha condivisa con Marek Hamsik, e “si vedeva che non aveva niente di un giocatore normale. In quel ruolo è il più forte con cui ho giocato…”. Garrone-De Laurentiis? “Non ho mai avuto rapporti personali con loro, c’è stima per gli uomini di successo che sono”. Capitolo allenatori: papà Alessandro non ha dubbi e sceglie “Gigi Simoni, perché è stato due anni a Pisa ed abbiamo vinto un campionato e poi ho lavorato ancora con lui a Cremona e c’è un bellissimo rapporto che è rimasto negli anni. Era un mondo diverso, un calcio diverso: c’erano rapporti di amicizia veri”, Daniele invece è meno nostalgico, perché “gli allenatori fanno la fortuna dei giocatori e viceversa, quindi ti trovi a dire quelli con cui hai fatto meglio. Delneri mi ha esaltato più di tutti, ma ero un giocatore ancora giovane… Adesso ho un buonissimo rapporto con Gattuso, ma perché sono una persona molto più equilibrata. L’esperienza ti aiuta, vedendo la persona che sei si fidano molto di più”.
Pisa è casa, una città che per loro è quasi tutto. I problemi nel calcio non li hanno mai portati in famiglia però, perché - racconta Daniele - “sono andato via presto da casa, quando tornavo era sempre un’occasione per stare insieme. Non mi è mai piaciuto parlare di pallone o dei problemi. Anche se è chiaro che sapeva che il mio stato d’animo non era il massimo prima di tornare qui”. “La vita è uno slalom” risponde la saggezza di papà Alessandro, “se prendi un paletto ti fai male. E averlo qui, felice, nel nostro stadio, mi riempie di gioia ogni volta”. Il tempo scorre via veloce, è una chiacchierata fra ricordi, pensieri, segreti. Però, arriva anche il tempo dei saluti. La moglie chiama papà Alessandro sullo smartphone nuovo anche se “stavo tanto bene con quello di prima”; Daniele invece ha un labrador, Ruga, da portare fuori ed una bambina di quasi due mesi, Adele, ad aspettarlo: nonno Alessandro la chiama “la ciliegina sulla torta, il completamento che mi mancava”.
“Ci vediamo dopo”, si salutano con sorrisi veri. Perché finalmente, Daniele e Alessandro si sono ritrovati: tra il mare di Viareggio e la torre di Pisa c’è un grande cartello, “home sweet home”. Casa Mannini, la ricetta della felicità.