Riceviamo e pubblichiamo con piacere questa lettera che il tifoso della Roma Niccolò Naso ci ha inviato.
Finalmente la serenità. Sono stato male, tanto. Perché i litigi e le polemiche che da mesi si rincorrono tra Totti, Spalletti e la società sono più di un semplice gioco delle parti in cui bisogna scegliere chi sostenere. Caro Francesco, chi è innamorato della Roma ha sofferto, sai? Ha sofferto perché, in primis, il suo più grande simbolo è stato infangato da chi ha sputato su ciò che è la nostra quintessenza, mancando di rispetto a te e di conseguenza a tutti noi innamorati della Roma. Ha sofferto perché poi il nostro stesso simbolo ci ha deluso, rivoltandosi contro la sua Roma, forse senza neanche accorgersene, isolandosi e mostrandosi quasi egoista ed egocentrico, forse solo frustrato - questa volta - di non poter reagire ai tanti, troppi torti subiti. Anche tu Francesco ci hai dato una pugnalata alle spalle. Impossibile schierarsi, però. Chi ha sbandierato il suo supporto calcolatore per l’una o l’altra parte non ama la Roma. Forse, quel qualcuno è molto interessato ai risultati sportivi della squadra di calcio Roma, ma non ama quell’idea, quel sentimento impossibile da spiegare a parole, che è l’essere romanisti. Chi ama la Roma è stato zitto. Chi ama la Roma ha vissuto un incubo, vedendo la propria Storia collassare su se stessa, vittima delle chiacchiere da bar, una Storia incapace di concedersi a quel doveroso lento e dolce addio che avremmo meritato noi veri innamorati. Il mister Spalletti ha contrapposto spesso il bene della Roma all’interesse del calciatore Francesco Totti, ma sinceramente per quelli della mia generazione credo sia quasi impossibile scindere Totti e la Roma. Io non so cosa sia la Roma senza te, Francesco. Me ne hanno raccontato, ne ho sentito parlare. Ho sentito narrare di tanti altri uomini immortali che hanno scritto la Storia dei nostri colori, ma mi sono sembrate sempre favole, una mitologia da venerare ma che chissà se è mai esistita. Non me ne voglia chi ha tanti più anni e esperienze sulle spalle da innamorato della Roma di me. Io sono giovane, ho tanto da imparare. Ma per chi è nato nell’Ottobre 1993, solo 7 mesi dopo il tuo esordio in Serie A, tu, Francesco, sei l’unica realtà. Sei il legame indissolubile con l’amore per i colori giallorossi. Sì, va bene, sicuramente è esistita una Roma senza Totti e sicuramente esiterà, ma non saprei immaginarla, non vorrei immaginarla. Ogni innamorato della Roma ha sempre saputo che un giorno, chissà quanto lontano, sarebbe arrivato il giorno del tuo addio, Francesco. Certo, che però ci hai illuso: ti sei innalzato così al di sopra di tutto il resto dell’umanamente calcistico che si è giunti alla conclusione che tu fossi immortale. Dato per finito e poi risorto chissà quante volte, cos’altro era se non una prova della tua immortalità? No, tu no Francesco, tu non potevi passare. Forse ad un certo punto ci siamo convinti che niente ti potesse più scalfire. L’anno scorso, quel gol all’Etihad e la doppietta nel derby, in mezzo a tanta, troppa normalità – cercando per un attimo di svestire i panni del tifoso – dovevano essere il primo segnale: perché tu non potevi essere normale. Dovevamo capire che stava arrivando il momento di lasciarci, dovevamo iniziare a prepararci, vivere ogni momento come se potesse essere l’ultimo. Dopo l’infortunio con il Carpi ho avuto paura. Paura che finisse senza che entrambi lo volessimo. Invece no, invece sei tornato un’altra volta. Per quello che sei stato, per quello che hai dato alla Roma, Francesco, forse allora ho pensato avresti meritato di dirci addio alzando un trofeo. C’è da dire però che noi romanisti non siamo certo un popolo che non conosce cosa sia la delusione. Noi la vita l’abbiamo vissuta sempre sulla nostra pelle, abbiamo assaporato ogni sofferenza, ogni finale persa, fino al boccone più amaro. Per questo, forse, sarebbe stato troppo banale dirti addio alzando insieme un trofeo, noi che non siamo abituati al lieto fine, Francesco. Ma tu un lieto fine, in un modo o nell’altro, ce lo dovevi regalare, per forza. I giocatori passano la Roma resta, non mi leverà niente e nessuno dalla mente questa frase. Ma tu no, Francesco. Tu no. Tu non sei come tutti gli altri. Eppure anche tu stavi sbiadendo, ti stavano gettando nel dimenticatoio. Anche tra noi c’è chi ti ha sputato addosso e messo alla porta: “è il male della Roma, finalmente ce ne siamo accorti, finalmente ce ne liberiamo”. Anche tu stavi passando, come tutti. Ebbene sì, nonostante tu fossi la Storia, dovevamo rassegnarci al fatto che perfino la Storia passa. Ogni vero romanista ha sofferto per questo: le pagine della tua, della nostra Storia si stavano ingiallendo, logorando. E noi cosa stavamo facendo, ingrati che non siamo altro? Stavamo decidendo di gettare via il libro vecchio, rovinato. Era l’ora di iniziare una nuova storia. Come al solito, anche tu non ci avevi saputo regalare un lieto fine, neanche tu. Io però non ho mai smesso di sperare. L’ho cominciato a capire dopo il gol di Bergamo che stava arrivando il momento, che la Storia stava riprendendo il proprio corso. Tu, Francesco, te ne dovevi e devi andartene tra lacrime, malinconia, voglia di ammirarti ancora un altro po’. Perché tutte le cose belle nella nostra vita ci fanno desiderare. La bellezza è desiderio. Tu, Francesco, non potevi salutarci tra astio, sopportazione, pietà. Questi sono tutti sentimenti che si riservano a qualcosa di cui se ne è avuto abbastanza. Ma di Francesco Totti la Roma non dovrà avere mai abbastanza. Quei cinque minuti contro il Torino sono stati la Provvidenza. Ti ho visto sorridere. Era tanto che non ti vedevo esultare così. Immalinconito per la troppa panchina, anche tu forse hai temuto che la tua Storia non avrebbe avuto un finale degno di ciò che per tutti questi anni ci avevi dato. Invece tu, da solo, perché solo tu puoi, hai ripreso quel libro dalle pagine ingiallite in mano e hai magicamente modificato un finale già scritto. Ci hai fatto emozionare. Ci hai fatto credere. Ora, però, Francesco, te ne devi andare. Te ne devi andare da eroe, devi ricevere il commiato che meriti ora che chiunque è salito sul tuo carro, il carro dei vincitori. Ora che anche i detrattori riescono a splendere beandosi della tua luce riflessa, ora che tutti indistintamente sono innamorati di te. E attenzione, non parlo solo di noi romanisti veri, che innamorati lo siamo sempre stati. Perché nel profondo, in ogni critica verso di te (perdonaci per questo) c’era solo la rabbia per non aver ricevuto quel lieto fine che ci dovevi, dopo tutto quello che comunque anche noi ti avevamo dato. Quando dico che tutti ora sono innamorati di te, parlo di tutto il calcio, di ogni nemico che non ti vorrà mai lasciare andare, perché senza di te ogni battaglia non avrà più lo stesso senso. Parlo di chi, oltre i colori e le bandiere, guarda la propria squadra, conta i propri trofei, ma sa che niente al mondo gli potrà mai regalare il suo Francesco Totti. E per questo ci invidia, ti invidia. Ora sì, ora devi andare Francesco. Ora il cerchio si è chiuso, ora possiamo lasciarti andare sereni che la tua storia, la NOSTRA storia sarà senza macchia. Assaporiamo ogni momento di questi ultimi 360 minuti che ci dividono dall’addio, non laceriamoci ancora con stupide polemiche e ripicche. Allontaniamoci lentamente, guardandoci negli occhi. Allontaniamoci quando il cuore non ti vorrebbe lasciare andare, ma la mente sa che è ora, è ora il momento per dividerci e per rimanere sempre indissolubilmente legati. Non perché le statistiche ci dicono che sei stato il nostro simbolo più grande, ma perché l’Amore che proviamo per te ce lo dice. Non te ne potevi andare via come un peso per noi, doveva essere un peso lasciarti andare. Vattene Francesco e non tornare mai più, perché ti abbiamo messo alla berlina, ti abbiamo trattato male. Ma lo sai anche tu, l’Amore certe volte fa fare questo. Non far sì che possa riaccadere, non far sì che diventi impossibile distinguere il confine tra amore e odio, non ingiallire tra l’ipocrisia di chi vuole vederti fallire ma è pronto a sfruttare a suo vantaggio il tuo successo, perché prima o poi arriverà il momento in cui non sarai più tu a poter scegliere di dire “basta”. E lo sai anche tu, quel momento arriva per tutti. Non arrivare al capolinea, scendi una fermata prima. Goditi il bagno di folla, goditi l’esaltazione della tua gente. Sin dalla mitologia gli dei si distinguevano dagli eroi per la loro immortalità. Il Dio è immortale, l’eroe si guadagna l’ideale immortalità con la propria morte. E tu non sei un Dio, Francesco. È brutto dirlo, ma solo la Roma è il nostro “Dio”. Perché l’immortalità non è intrinseca in te, perché arriverà il momento in cui sarà il tuo fisico a dirti che devi smettere, perché quel momento, lo sai anche tu, arriva per tutti gli sportivi. Arriverà anche per te il momento in cui ti verrà negato il libero arbitrio. Non possiamo dirci addio mostrandoci la nostra parte peggiore. Devi andartene ora, da eroe, acclamato dalla tua folla, illuminato dagli splendidi colori giallorossi del tramonto, non dall’oscurità della notte. Vattene ora da eroe – il nostro eroe - e guadagnerai l’immortalità, Francesco. Noi tifosi della Roma abbiamo sofferto tanto, abbiamo perso tutte le nostre finali più importanti. Solo tu puoi regalarci il lieto fine che meritiamo, finalmente. Vattene Francesco e non vedremo mai niente più grande di te. Grazie di averci emozionato, grazie di averci fatto piangere, grazie di aver incrociato il tuo cammino con la nostra Storia, la storia della Roma. Anche se, a pensarci bene, forse l’unica Storia sei solo tu. Siamo noi ad aver avuto la fortuna di trovarci per caso ad incrociare Francesco Totti, la Storia della Roma. Niccolò NasoData: 23/04/2016 -