Capello ricorda il suo periodo in Spagna, al Real Madrid, per l’esattezza il secondo trionfo in Liga nella stagione 2006/2007. Lo fa nel programma “Collezione Capello”, in onda su Fox Sports. La prima inquadratura è riservata ad un tablet che mostra la formazione mostruosa di quel Real. Qualche nome? Roberto Carlos, Sergio Ramos, Cannavaro, Diarra, Raul, Higuian, Beckham, van Nistelrooy. Nomi enormi. Poi inizia a parlare il condottiero di quel manipolo di campioni, Fabio Capello, che ad un certo punto ha rischiato di buttare via il campionato: “Quando il Real Madrid non vinceva mi chiamava. All’epoca dovemmo ricostruire una squadra composta da grandi giocatori, ma ormai senza fame. La mia seconda avventura al Real si aprì con gli acquisti di Cannavaro, Emerson e Diarra. Impostai subito due pivot davanti la difesa e arrivarono subito le prime critiche. C’era Beckham sulla destra, Reyes a sinistra che ogni tanto ci dava una mano e in avanti Raul e van Nistelrooy, che a dir la verità non mi aveva entusiasmato quando lo avevo visto al Manchester United, ma mi ha entusiasmato di più per quello che ha fatto con me. Un attaccante fenomenale. Acquistai insieme a Baldini Gago, Higuain e Marcelo. Il momento più difficile della mia seconda esperienza al Real fu quando il presidente mi chiamò per decidere il mio futuro dopo un periodo difficile. Gli dissi che non avrei avuto problemi ad andarmene perché l’inizio non fu dei più entusiasmanti. Fortunatamente Baldini lo convinse ad aspettare. Dopo una buona partenza perdemmo tre partite che pensavo di stravincere. Il Barcellona si stava allontanando ma l’incontro con il presidente facemmo anche qualche cambio di mercato. Ronaldo passò al Milan, poi ci fu una discussione su Beckham. Il calciatore inglese era ormai venduto ai Galaxy per gennaio, per questo Ramon Calderon non voleva che giocasse. Ma io mi impuntai e dal giorno dopo tornò in gruppo. Anche Diarra fu molto importante per me in quella stagione. Mi ricordo che senza il suo tappetino per pregare prima della partita non giocava, era fatto così. Anche Sergio Ramos disputò una grande stagione. Si fermava dopo ogni allenamento per colpire di testa e cercare di migliorare. C’era una sana competizione con Roberto Carlos, ma era una cosa positiva per entrambi”.
Dopo il momento difficile passato il Real Madrid tornò sui suoi standard iniziando a macinare vittorie. Il merito? Gran parte di Capello: “Feci un discorso ai giocatori, dissi loro che erano un gruppo fantastico che valeva il Barcellona, ma anche di pensare alle successive partite che ci aspettavano come a delle finali. Dovevamo pensare partita dopo partita per sperare di recuperare lo svantaggio sul Barcellona. Da lì in poi pareggiammo una partita e le vincemmo poi tutte. La penultima partita di quel campionato fu un momento chiave: noi pareggiammo contro il Saragozza mentre il Barcellona venne fermato dall’Espanyol. Ci sono dei momenti in cui anche i grandi campioni hanno paura. E’ stato il caso dell’ultima partita di quella Liga che giocavamo in casa. Andammo sotto con il Maiorca fino all’intervallo. Nello spogliatoio dissi alla squadra di giocare come se fosse un allenamento. Le mie parole sortirono l’effetto sperato: misi dentro Reyes che fece la differenza. Lo spagnolo segnò due gol e servì un assist a Diarra. Vincemmo quella Liga, ma questo non bastò per rimanere sulla panchina del Real Madrid, perché nel periodo in cui stavamo andando male il presidente Calderon aveva pensato bene di ingaggiare Bernd Schuster, che prese il mio posto”.