"Il clima qui? E' strano. Piove, c'è il sole, nevica. C'è tutto in una giornata". E' lontana Manchester dal sole di Napoli. Lo sa Zlatan Ibrahimovic e lo sa anche Fabio Capello che inizia così la sua intervista all'attaccante del Manchester United, partendo da quelle voci che lo volevano vicino ad un futuro in azzurro: "Non si sa mai - ha risposto Ibra - ma sto bene qua. Il clima non è perfetto ma è un po' simile alla Svezia. I napoletani dovranno aspettare un po'? Vediamo cosa succede". Capello intervista Ibrahimovic, dicevamo. E su Fox Sports va in onda un'altra puntata di 'Collezione Capello' con protagonista lo svedese. Parte da lontano Capello, dalla prima volta in cui vide in campo Zlatan. Era un Roma-Ajax e i ricordi iniziano a scorrere. Da quando lo stesso Capello voleva Ibra alla Roma - ma non è riuscito ad allenarlo in giallorosso - a quando poi è andato alla Juventus e lì invece è diventato un suo giocatore. "La Juventus? Subito una grande impressione, per la squadra, per il club. Era un grande passo dll'Ajax. Ci siamo allenati tanto - ha iniziato a raccontare Ibra - soprattutto davanti alla porta. Ed è da lì che è partita la mia carriera ad alti livelli. E' importante perché come ti alleni, giochi le partite". Poi un regalo, proprio da parte di Capello. Era una cassetta con le partite e le giocate di Marco Van Basten: "Mi hai spiegato che avevo uno stile simile a Van Basten ma davanti alla porta 'il suo movimento è meglio del tuo, quindi siediti qua, studia Van Basten, vedi come si muove e ripeti'. Poi hai messo play e guardavo i suoi tanti gol, perché ne faceva tanti. Poi dopo 10 minuti mi guardavo attorno nello spogliatoio e vedevo che non c'era più nessuno. Ero solo io e Van Basten, ma lo guardavo fino alla fine. E' stata però una cosa bella perché uno che sa tanto di calcio, che ha vinto, che ha avuto tanti giocatori voleva dare questo aiuto a me e ne sono stato onorato", ha spiegato Ibra riferendosi sempre a questo episodio vissuto con Capello ai tempi della Juventus.
Chiusa la parentesi con la Juventus, è stato tempo per Zlatan di passare all'Inter: "E' stata una grande esperienza. C'erano Inter e Milan in pole position e ho pensato tanto a quale squadra scegliere. Mi sono detto: l'Inter non vince il campionato da 17 anni, e se lo vinco qui sarò dentro la storia dell'Inter. Scudetto vinto a Parma? Sapevamo dopo 20 minuti che la Roma stava vincendo, io avevo un problema con un ginocchio ma Mancini mi ha detto 'devi entrare per forza, anche se ti fa male'. Ricordo che pioveva tanto. Quando sono entrato ho provato a tirare ma è uscita. Poi la stessa situazione: tiro ed entra. Mi ricordo che la panchina era entrata in campo, ricordo la gioia del presidente perché è stato un campionato lungo. Ma è stato bello vincere". Dopo l'Inter, è iniziata l'avventura col Barcellona: "All'inizio andava tutto bene. Giocavo, facevo gol, era tutto ok. C'era grande voglia di giocare. Poi verso Natale non è andata più bene perché era cambiato il sistema di gioco con Guardiola. Mi dice 'ci penso io'. Ma la partita dopo vado in panchina, quella dopo ancora: panchina. Chi mi conosce lo sa, quando succede questo non vado dall'allenatore a dire 'perché non gioco, non va bene'. Mi metto in testa che devo fare di più, più sacrifici. Arriva poi la terza panchina e ho detto 'ok, c'è qualcosa che non va'. Però la situazione era che per me non c'erano problemi. Il gol decisivo nel Clasico? E' stata comunque una grande esperienza, ho imparato tanto dentro e fuori dal campo. Anche che nel calcio le situazioni possono cambiare in 24 ore. Io non avevo problemi, ma un'altra persona li aveva come me e non li ha risolti. E non so ancora che problema era. Mi chiamava (Guardiola, n.d.r.) tutti i giorni per portarmi lì, poi da un giorno all'altro la situazione è cambiata. I derby di Manchester contro il suo City? Mi stimolano, mi danno più motivazioni, dopo quello che è successo. Però in positivo, non in negativo. Ma quello è il passato, sono un uomo e guardo avanti. Il futuro è avanti non indietro. Non può essere mai personale, fa parte del gioco".
Chiusa la parentesi in blaugrana, ecco il ritorno a Milano: "Non ero proprio contento della situazione al Barcellona. Parlavo con Galliani, e il presidente Berlusconi mi ha convinto a venire. E quando sono arrivato l'ho fatto con grande voglia e grandi stimoli. Quella era una squadra top. C'era la vecchia guardia con Gattuso, Nesta, Pirlo, Inzaghi, Thiago Silva, Robinho, Boateng che ha fatto un bel campionato. Ronaldinho anche. E io volevo vincere a tutti i costi. Anche col Milan, e non so quanti ci siano riusciti a farlo, con tre squadre dopo Juventus e Inter. Mi ricordo Galliani con in mano la maglia dell'Inter e tagliava lo scudetto e ha detto 'adesso è nostro'". Lasciato il Milan, ecco un nuovo capitolo della carriera di Ibrahimovic all'ombra della Tour Eiffel: "Non volevo lasciare il Milan. PSG? Io in un pacco con Thiago Silva. Ma era bello perché c'era lui che per me è il più forte difensore del mondo. Non esiste un altro come lui. Era un progetto un po' a rischio perché non si sapeva come sarebbe andata. Il primo anno non era una squadra forte, non è stato facile per Carlo Ancelotti. Poi già il secondo anno si vedeva la passione della gente di Parigi. Chi non sta bene a Parigi è matto! Ma è stata una bella esperienza perché era un progetto rischioso ma io ci credevo. Ci sono momenti della carriera in cui ti chiedi se continuare o trovare qualcos'altro". E da Parigi, Ibra è volato a Manchester: "E' una sfida. La sfida di cambiare la storia di un club che ha avuto una grande storia. Per alzare anche un po' di più il mio livello dovevo venire in Inghilterra e far vedere a tutti quello che sono. E' una sfida diversa che mi piace perché prendo più responsabilità ancora. Se riesco a vincere in una situazione così significa che ho fatto bene il mio lavoro. Poi conosco Mourinho, so quello che vuole. Ti stimola, ti dice in faccia se non stai facendo bene e se devi fare di più. Ti fa una manipolazione che quando vai in campo dai il 200 per cento. E questo mi serviva a questa età. Potevo andare in Cina e stare tranquillo, ma a me serve la sfida che mi dia motivazioni. Qui se non tiene un certo ritmo è difficile. Questo campionato attira una grande attenzione ma è bello perché ci sono tanti tifosi sempre. Tu puoi vincere 3-0, prendi un gol, l'atmosfera può far cambiare tutto, non c'è una squadra che domina, come l'Italia con la Juventus, la Francia con il PSG, la Germania con il Bayern o la Spagna con il Barcellona. Qui chi sbaglia meno è quello che vince. Io mi alleno tutti i giorni, Mourinho mi ha messo un programma fantastico. E a me piace allenarmi. Il prossimo anno? La situazione è che ho firmato per un anno più opzione per un altro anno. Non ho ancora tanti anni da giocare, voglio divertirmi, voglio fare la differenza. E voglio smettere al top. Non so cosa succederà. Se sono ancora decisivo è grazie ai compagni".