Se la sua vita fosse una melodia sarebbe un giro di Do: facile, orecchiabile e che non stanca mai. Perché Antonio Filippini la sua carriera l'ha vissuta sempre così. Senza un attimo di pausa...e con una chitarra in braccio. Brescia, Lazio, Treviso e Livorno: Do, La minore, Fa e Sol. Con chiusura in Do, come vuole lo spartito, cioè con quel Brescia da dove era definitivamente esploso. Quattro squadre per quattro accordi. Un ritornello impossibile da dimenticare. Con qualche piccola digressione sul tema (Palermo) prima passare dal campo alla panchina. Cambio di spartito sì, ma la musica è sempre quella. Oggi allena il Lumezzane in Lega Pro e grazie alla salvezza conquistata lo scorso anno ha vinto anche la Panchina d’oro 2016 del calcio bresciano. “La gavetta va fatta. Anche i tre anni di settore giovanile sono stati fondamentali. E adesso la Lega Pro che è una categoria importante”.
In campo è stato un infaticabile centrocampista e la sua carriera è sempre stata condivisa al 50% con quella di suo fratello gemello Emanuele. “Abbiamo pensato anche di allenare insieme. Per ora non è stato così perché lui voleva allenare da solo, ma magari in futuro la nostra idea si realizzerà. Io potrei curare la parte offensiva e lui quella difensiva, già abbiamo studiato il progetto insieme e intanto facciamo le nostra esperienza per crescere”. Sempre insieme, in campo come sul palco, perché la loro altra grande passione resta sempre la musica ed il rock. “Da piccoli vedevamo tutti i nostri amici che suonavano la chitarra e avevano un gruppetto. Così ci siamo appassionati anche noi”.
E allora oggi Antonio Filippini non è solo l’allenatore della Lumezzane ed un ex calciatore, è anche cantante-chitarrista-autore e leader della band degli Stalkers, con cui ha pubblicato il disco Antonio Filippini & the Stalkers. Ecco perché in camera da letto ci sono maglie da calcio e dischi d’autore. “Il primo è stato Legend di Bob Marley, del quale ero un grande fan. E’ un disco che ha fatto la storia della musica reggae. Mentre il mio idolo è sempre stato Bruce Springsteen. Ho assistito a oltre 70 concerti per il mondo, senza dimenticare quelli di AC/DC Led Zeppelin e tutti i mostri sacri della musica rock”.
A proposito di mostri sacri, da un palo all’altro, ne ha incontrati tanti anche sui campi da calcio. “Guardiola era già un allenatore in campo e si vedeva che aveva stoffa da leader. Il suo modo di giocare l’ha portato a grandi livelli. Ho avuto la fortuna di allenarmi insieme a lui ed ho imparato tanto. Sono andato a trovarlo a Monaco e per me è stata un’esperienza indimenticabile”. Pep allenatore, mentre invece Luca Toni è “finito” dietro la scrivania, “Visti il carattere e la personalità, quello di dirigente è il ruolo adatto per lui. Come allenatore non so come sarebbe andata: ha un carattere molto allegro in campo e quando fai l’allenatore tutto cambia, bisogna gestire ruoli”. Chi invece non vuole ancora saperne di smettere è Pirlo. “Ci siamo sentiti prima che partisse per l’America. E’ agli sgoccioli della carriera e non sapeva cosa fare dopo aver smesso. Ma resta un gradissimo, alla Del Piero e alla Totti”. Guardiola allenatore predestinato, Toni burlone, Pirlo eterno fuoriclasse…e Baggio? Cosa farà da “grande”? “Ne abbiamo parlato: ha sempre detto che gli sarebbe piaciuto allenare ma vorrebbe iniziare da squadre top perché non gli piace allenare le piccole che poi magari stanno facendo bene e gli vendono i migliori. Aspetta la chiamata giusta, se arriva bene, se no gli va bene lo stesso”.
Abbiamo detto del Filippini chitarrista e del Filippini calciatore, ma il Filippini allenatore? “Sono cambiate tante cose. A cominciare dal fatto che insieme agli scarpini ho appeso anche la chitarra al chiodo!”. Ma come? “Adesso sinceramente suono poco e nulla. Prima andavo in giro a suonare, adesso non più. L’allenatore deve mantenere un certo comportamento più serio, per far sì che i giocatori si rispecchiano”. Quindi doppia mancanza, il calcio giocato e la chitarra. “Sì ma mi manca di più giocare a calcio!”. Guardandosi alle spalle ha avuto tanti allenatori dai quali poter prendere ispirazione, ma solo uno sembra essere stato davvero il suo punto di riferimento. “Come gestione delle partite Mazzone è stato il miglior allenatore che abbia avuto. Certo, io ho un carattere diverso da quello di Carletto, non mi agito così tanto in panchina”. E anche nel look non si rassomigliano troppo. “In campo sempre con la giacca perché secondo me l’allenatore deve distaccarsi un po’ dai giocatori e vestire in modo diverso, come immagine ci vogliono giacca e cravatta perché rappresenta la società”.
E Antonio di società se ne intende, visto che in carriera ha avuto presidenti come Corioni, Zamparini, Spinelli e Lotito. “Senza dubbio i presidenti più “pazzi” ed estroversi del calcio italiano. E’ stato bello conoscerli e frequentarli. Ci hanno sempre messo personalità e passione per il calcio, due cose che li facevano andare un po’ fuori dal pentagramma”. Eccolo che torna l’immancabile riferimento musicale. Raccogliamo l’assist e proseguiamo su questo “genere”. Calciatori rock e lenti. “Maurizio Neri è il più rock di tutti. Grande appassionatissimo di musica lui. Oggi allena i ragazzi del Sassuolo e va a suonare in giro per locali. Ci sentiamo quasi ogni giorno e parliamo solo di musica. Poi il resto tutti “lenti”. Quando giovavo io c’era Diana che cantava bene, mentre Pirlo faceva solo finta, muoveva al massimo un po’ le labbra. Non mi sono mai ritrovato nei giocatori come gusti musicali. Diciamolo proprio, i calciatori sono proprio ignoranti di musica. Ascoltano hip hop o “Andiamo a comandare”, quella musica che va per due mesi e poi sparisce”. E con gli allenatori “A Beretta piace il rock e mi piacerebbe incontrare Juric, magari sul campo, così possiamo parlare un po’ di musica seria”. L’allenatore del Genoa è un grande appassionato di heavy metal, genere che non dispiace neanche ad Antonio Filippini, allenatore dall’anima rock ma dalla semplicità di un giro di Do.