Se insisti e persisti…raggiungi e conquisti! Asserendo, in primo luogo, che non esistono verità assolute e prendendo in prestito il giuridico ‘più probabile che non…’ si può tranquillamente affermare che la celeberrima citazione – nel calcio, come nella vita – ha una sua inalienabile ragion d’essere. Sono determinazione e coraggio a forgiare l’aspetto lavorativo di ognuno di noi. E’ il non smetter mai di crederci, di cimentarsi in un qualcosa che fino a ieri spaventava o magari vedevamo come irraggiungibile.
La sua è una storia di quelle con la S maiuscola. Una storia di coraggio, di lavoro (tanto), di passione, di sana testardaggine. Lui è Giuseppe Magi, attuale allenatore del Bassano (Serie C, girone B). E’ partito da lontano, lontanissimo. E’ partito da una convinzione, “quando ho smesso di giocare la prima cosa che mi sono detto è stata la seguente, ‘Giuseppe non farà mai l’allenatore’. Perché? Semplice…Non voglio diventare matto! Mi spaventava troppo l’idea di dovermi confrontare quotidianamente con ventidue giocatori. Ne ero davvero convinto, fin troppo forse. Ma poi, ad un certo punto, nella vita di ognuno di noi passa un treno e lì abbiamo due alternative: o lo prendiamo con un pizzico di sana incoscienza, ci saliamo sopra e…’come va va, l’importante è averci provato’ oppure rimaniamo a terra, seduti. Senz’altro stiamo meglio: meno pensieri, tutto più tranquillo, ma poi a distanza di dieci, venti, trent’anni saremo sempre lì a rimpiangere il momento esatto nel quale abbiamo deciso di non aprir la porta del vagone”.
La classica, eterna scelta tra ‘sicuro’ e ‘incerto’ che pervade la mente di ogni uomo in momenti più o meno costanti della vita. Esiste la scelta sicura, tranquilla, permeata da un sano ma discutibile ‘sto bene come sono ora, perché andar a rischiare?’. Esiste la scelta incerta, accompagnata da quell'alea ineliminabile, da quel rischio che come può portarti in cima – allo stesso tempo – può accompagnarti a terra e lasciarti lì, senza margine di replica. Alt, qui subentra un’altra ‘verità’ non assoluta, ma ben rafforzata dalla fattualità. Che, comunque vada, non hai il rimpianto, sei in ogni caso apposto con te stesso, ‘è andata male, ma ci ho provato’. Dov'è la scelta giusta e quella sbagliata? Non c’è, non esiste giusto o sbagliato. Siamo noi a dover plasmare la nostra vita (autonomamente!!) decidendo o di affidarci al sano rischio o allo star bene (grigio e un po’ monotono, forse) quotidiano.
“Io ho rischiato! Ho scelto di non accontentarmi, ho deciso di fare un salto nel buio e alla fine quell’ignoto che tanto temevo – racconta Giuseppe Magi ai microfoni di GianlucaDiMarzio.com – è diventato il mio lavoro. Ero alla Vis Pesaro, la squadra della mia città alla quale sono e sarò sempre legato, mi chiamarono per propormi la panchina della prima squadra, ‘Grazie, ma no. Non posso e non voglio’. Insistettero al punto tale che capii che in fondo – e paradossalmente – erano più loro che io stesso a credere in me”. Prende, decide, accetta. Con umiltà, con quel sorriso che lo ha sempre accompagnato, anche nei momenti più difficili… “Quando ho smesso di giocare ho attraversato un periodo complicato. Mi sono sentito solo e soprattutto con una vita da re inventare. Così ho deciso di andare a lavorare come operatore ecologico a Pesaro. Non avevo il posto fisso, facevo la stagione da maggio a ottobre e qualche volta mi chiamavano anche d’inverno ma con gli allenamenti era più complicato. Mi svegliavo tutte le mattine alle 5, turno fino alle 13 a raccogliere la differenziata in giro per la città, pranzo veloce e poi al pomeriggio allenavo la Vis Pesaro in D. E’ stata dura, ma sono felice del percorso che ho fatto. Quella era la mia unica fonte di guadagno con una famiglia da mandare avanti. Mia moglie e le mie due figlie sono la mia forza. Quelle mattinate in giro per Pesaro a raccogliere la differenziata non le scorderò mai, un’esperienza incredibile. Perché è questa la vita reale. E’ la gente che si alza alle 4.30, i pendolari, gli operai che lavorano nelle grandi fabbriche e più in generale tutte le persone che fanno grandi sacrifici e faticano ad arrivare alla fine del mese o fanno sforzi immani per mandare avanti la famiglia e permettere ai figli di studiare. Fare il calciatore non è un qualcosa di normale, è un privilegio. E’ un regalo, un dono dall’alto. E questo aspetto qui ci tengo a sottolinearlo sempre ai miei calciatori… ‘Date il massimo oggi, non abbiate rimpianti. Avete avuto una fortuna incredibile’. Ma è solo facendo certe esperienze che, forse, riesci ad apprezzare i privilegi di un mondo dorato”.
Storie di vita vissuta. I libri insegnano, ma è la vita di tutti i giorni a forgiare l’uomo. Maestra di vita. Perché non è nel denaro la felicità, facile a dirsi senz’altro. La felicità è nella dignità di svolgere un lavoro umile con onestà, nel mandare avanti la propria famiglia con il sudore della propria fonte, nel non esser mai in debito con qualcuno, nel vivere rettamente. Non serve pontificare, non servono sillogismi latini. Serve mettersi seduti e ascoltare. Ascoltare esperienze reali, vere. Perché da tutti c’è un qualcosa da imparare.
E quella di Magi è una storia vera, di quelle che dovrebbero dare un importante spunto di riflessione. Una di quelle per le quali il calcio potrebbe anche passare in secondo piano…No! Due campionati vinti in tre anni con Maceratese e Gubbio, sesto posto la scorsa stagione sulla panchina umbra in un’annata storica. Numeri risultati, bel gioco, idee, concetti, umiltà, lavoro. Un prosimetro di calcio, di vita, di insegnamenti, di tutto ciò che serve per esser uomo a trecentosessanta gradi perché chi è bravo solo in una cosa (calcio, studio, scuola, qualunque essa sia) potrà esser un fenomeno in quel contesto lì…ma non lo sarà mai nella vita! “L’opportunità di venire al Bassano si è presentata in maniera tanto rapida quanto decisa. Due aspetti fondamentali per me. Qui ho trovato ciò che cercavo: serietà, competenza e ambizione. Potevo rimanere a Gubbio, avevo un altro anno di contratto. Invece ho deciso di cambiare a costo di lasciare molti amici e una società alla quale sono e sarò sempre riconoscente. Non centrano i soldi, di questo aspetto non me ne è mai importato nulla. Centra la necessità umana di rimettersi in gioco, di provare nuove sfide, di non sedersi mai sul passato ma proiettarsi sempre al domani e poi al dopo e così via”.
Quel regionale fermata Pesaro sta diventando – piano piano – una scintillante freccia. Saldamente in testa al suo vagone Giuseppe Magi, con la solita umiltà e il solito sorriso di sempre…